Un solido bagaglio di competenze tecniche certo è fondamentale, ma non sufficiente: anche in ambiti considerati prettamente tecnici il formatore deve essere dotato di skill di tipo psicologico.
Questa la considerazione che mi ha spinto ad affiancare alla mia Laurea in Ingegneria Gestionale una seconda Laurea in Psicologia, materia raramente considerata da consulenti e formatori in ambito tecnico, economico e organizzativo. In genere, infatti, i due ambiti vengono trattati come due mondi distinti: chi lavora nell’ambito della formazione tecnica al massimo si preoccupa di formarsi al public speaking per affinare la propria capacità oratoria e saper gestire l’aula, ma si preoccupa meno delle soft skill che sono necessarie per garantire l’efficacia della formazione o della consulenza.
Eppure per proporre un progetto che risulti efficace, è fondamentale capire come stimolare il cambiamento (potenziando la volontà di eccellere, di contribuire al successo del gruppo, promuovendo la responsabilità, il team building,) e come ridurre gli aspetti negativi (le paure e i timori dei partecipanti e dei committenti).
Per fare questo il professionista è chiamato a sviluppare al contempo la capacità di ascolto di tutti gli attori coinvolti nel progetto, la capacità di rispondere al bisogno e la capacità di gestione delle relazioni, identificando i fattori critici che frenano l’adozione di comportamenti nuovi.
Nel libro La Strategia Oceano Blu di W.Chan Kim e Renée Mauborgne, professori all’INSEAD (Institut européen d’administration des affaires) e consulenti e formatori di fama mondiale, si introduce il tema del coinvolgimento delle persone nei progetti di innovazione e cambiamento aziendale che le riguardano come condizione necessaria per garantire il successo dell’intervento. Secondo la teoria del riconoscimento intellettuale ed emotivo noi tutti in quanto persone ricerchiamo due diversi livelli di riconoscimento.
A livello emotivo, andiamo alla ricerca di situazioni in cui il nostro valore venga riconosciuto in quanto esseri umani. A livello intellettuale, cerchiamo situazioni in cui le nostre idee vengano accolte con attenzione e fatte oggetto di un’accorta riflessione, e in cui gli altri ci reputino abbastanza intelligenti da spiegarci il loro pensiero.
Solo in presenza di riconoscimento intellettuale ed emotivo si sviluppa da parte dei partecipanti la fiducia nel consulente o formatore, l’impegno nel progetto formativo, la condivisione della conoscenza, la cooperazione volontaria all’attuazione dei nuovi comportamenti richiesti dal progetto di formazione o consulenza che sia.
In assenza di queste condizioni, invece, anche di fronte alla migliore formazione tecnica, si genera sfiducia, risentimento, rifiuto a modificare i propri comportamenti e ad uscire dalle proprie zone di comfort: in definitiva l’insuccesso del progetto formativo o di consulenza.
Ecco perché chi si occupa di formazione in azienda non può esimersi dall’occuparsi e preoccuparsi di mettere in campo anche competenze di tipo psicologico.
Per approfondire il tema: https://www.niuko.it/magazine/gestione-dei-processi-senza-coinvolgimento-non-c%E2%80%99%C3%A8-cambiamento
*Consulente Niuko