Questo gin di montagna dichiara prima le note fruttate di prugna, ciliegia, nocciola e lievi sentori di limone e sambuco; e poi quelle più balsamiche di ginepro, resina, anice, rosmarino. L’equilibrio degli ingredienti rasenta la perfezione e, al palato, si presenta fine e persistente con un sottofondo di aromi fruttati. Perché la caratteristica che rende unico questo gin è l’utilizzo di prodotti spontanei raccolti a mano nei boschi: ginepro, sambuco e prugnola selvatica.
E l’idea non poteva che spuntare nella testa del cuoco e patron del ristorante El Molin di Cavalese che emoziona i commensali con le magie della sua cucina che continuano a stupire e, soprattutto, a convincere. Una cucina “dolomitica” marcata dal fuoco, dal fumo e dalla legna, elementi fondamentali per plasmare e combinare erbe, licheni e gemme con carni, pesci lacustri e formaggi, tutto sotto sacerdotale officio di Alessandro Gilmozzi che da un quarto di secolo e più gira per i suoi boschi e le sue montagne, sempre in cerca delle “sue” radici e dei prodotti nascosti o dimenticati.
Sapori che poi pazientemente trasforma in emozioni sensoriali. Come nel gin di montagna. Un progetto condiviso con il suo sous chef Andreas Bachmann fin dal 2014 e che ora ha finalmente preso la forma del Gilbach.Gin 40%. All’idea hanno seguito la raccolta, le sperimentazioni in cucina e la successiva collaborazione con la Distilleria Pilzer di Faver. Abbinato a una acqua tonica dry, a dei frutti rossi e ad una tisana al pepe raggiunge il massimo del suo splendore. Prosit.