Il progetto Pandemic Resistance Museums (PRM) è nato in IULM, subito all’inizio del lockdown, per monitorare le esperienze più interessanti e innovative attivate da musei e istituzioni culturali in Italia e nel mondo impegnati a promuovere l’accesso alla cultura e a rimanere in contatto con i propri pubblici.
PRM è stato però anche l’occasione per sondare come questi quasi due mesi di isolamento stiano influenzando i consumi culturali online delle persone, ormai chiuse in casa dal 12 marzo (e i lombardi da qualche giorno in più).
I primi risultati emersi dall’analisi sono interessanti e offrono alcuni spunti di riflessione anche per il futuro.
Il 60% dei rispondenti all’indagine ha dichiarato di non aver mai utilizzato servizi culturali digitali online prima dell’epidemia ma solo il 5% di non averne usufruito durante il lockdown: un vero successo per le tante, tantissime iniziative portate avanti dalle istituzioni culturali italiane e straniere in queste settimane di chiusura. Un successo alla cui base c’è stata la capacità di volgere in positivo, almeno in parte, quest’esperienza drammatica, sperimentando progettualità inedite e nuovi modi e canali per comunicare con i propri pubblici: attuali, potenziali e anche con chi, per distanza o altra impossibilità, in quello o talaltro museo non ci metterà mai fisicamente piede.
Esplorando in rete un’offerta davvero molto vasta, il 26% ha visitato mostre online, il 43% ha navigato in collezioni museali o si è intrattenuto in attività educative e approfondimenti proposti da musei; il 26% ha esplorato archivi digitali. L’indagine non ha toccato solo il mondo dei musei ma ha cercato di raccogliere anche qualche dato sullo spettacolo dal vivo: più di un quinto dei rispondenti ha assistito a concerti e iniziative organizzati da istituzioni della musica e c’è chi ha seguito anche iniziative di teatro.
Per la stragrande maggioranza si è trattato di esperienze positive e le motivazioni di chi invece non è stato soddisfatto non riguardano tanto la qualità in sé di ciò che si trova online ma la difficoltà a paragonarlo alla fruizione dal vivo.
Tutti, o quasi, sono comunque concordi sul fatto che le iniziative digitali nate in queste settimane nei luoghi della cultura italiani a causa dell’emergenza sanitaria stiano stimolando la fruizione culturale. Certo, per chi ha una buona connessione alla rete…
Interessante per le istituzioni culturali è anche la possibilità di capire come si sono informati i pubblici della cultura online: i social, quelli istituzionali dei musei ma non solo, sono stati senza dubbio il principale strumento di aggancio ma anche il passaparola e, con un po’ di sorpresa, pure la TV.
Il Ministro Franceshini nelle scorse settimane ha lanciato l’idea di una “Netflix della cultura”, di una piattaforma digitale a pagamento per trasmettere contenuti culturali e artistici di qualità.
La cultura, i musei, le mostre, i teatri naturalmente non possono vivere (solo) online e oggi la stragrande maggioranza di quest’offerta digitale è gratuita. Ma se domani dovesse diventare a pagamento?
Alla domanda “saresti disposto a pagare per fruire di servizi culturali online che ora sono gratuiti?” oltre la metà degli intervistati ha risposto positivamente, purché a un prezzo ridotto.
Ora, pur tra molte incertezze, (termoscanner), mascherine e distanziamento, anche il mondo dei musei, o parte di esso, si prepara alla Fase 2.
Pechino ha riaperto tutti i musei e, dal 1 maggio, anche la Città Proibita, con forti restrizioni sul numero di accessi ma dotandosi di nuovi strumenti di prenotazione che dovrebbero facilitare gli ingressi e l’organizzazione delle visite nei diversi siti della città che comunque manterranno anche un’ampia offerta online.
Presto avremo modo anche noi di capire meglio come i musei sono pronti a riaccoglierci e come noi ci sentiremo nel volerli varcare ed esplorare fisicamente. In modo sicuramente solitario, almeno per un po’, e avendo assorbito dentro di noi nuove esperienze e nuovi modi di incontrare la cultura.
Intanto questa terribile esperienza potrà averci aiutato a capire meglio anche quali sono le vere barriere alla fruizione culturale e le strategie migliori per abbatterle.
Torna in mente la provocatoria campagna di comunicazione lanciata dall’allora Mibac senza “t”, per invitare gli italiani a riscoprire il proprio patrimonio culturale: “Se non lo visiti lo portiamo via” si leggeva sopra l’immagine di un David di Michelangelo legato e portato via da elicotteri.
Era il 2010 ed era una minaccia non credibile. COVID-19 ci ha provato veramente e ora forse siamo più consapevoli.
*docente di management del turismo e della cultura, Università IULM