Sun Tzu scriveva nel quinto secolo avanti Cristo: soggiogare l’esercito avversario senza combattere rappresenta la vera abilità del comandante. La strategia che si segue nell’uso di un esercito impone di non affidarsi alla speranza che il nemico non arrivi, ma conta sul fatto che la nostra armata abbia mezzi sufficienti per affrontare il nemico quando attaccherà’.
Sars cov 2 ci ha attaccato, e, pur avvisati, abbiamo sperato che non succedesse.
Ha evidenziato tutta la nostra imprevidenza e sconvolto le nostre certezze. Ha cambiato vite e stili di vita, valori e priorità.
Lo stato dell’arte
Sommersi come siamo dalle difficoltà della pandemia che ci triturano a livello emotivo e portano a galla le nostre paure, stiamo pensando a difendere il fortino, pensando che una dimensione chiusa, ristretta all’orlo di casa nostra sia la soluzione.
Alcuni politici, imprenditori e manager stanno accarezzando un domani sicuro, protetto da barriere, con filiere produttive autarchiche e ravvicinate, con lo spazio e il tempo ridotti al qui e ora. Sento dire che i clienti che ci salveranno saranno le piccole aziende locali, fuori dalla porta di casa. Sarebbe la fine. Sarebbe ripetere lo stesso errore, di segno opposto, commesso quando si è deciso di abbracciare la globalizzazione incondizionata e priva di regole.
Nessuno vince da solo, nessuno ce la farà da solo. E’ il momento di ridefinire le regole della collaborazione e di pensare che il mondo, diviso in pochi ricchi e un infinità di poveri, tornerà presto a chiederci di pagare il conto. Aziende e unioni di paesi devono progettare insieme un mondo più giusto e solidale.
Adesso serve un piano d’azione a più livelli, a partire da quello politico, per passare a quello imprenditoriale/organizzativo e per finire a quello personale. Serve pensiero strategico sorretto da obiettivi di lungo termine che rispondano alla domanda: quale mondo vogliamo, quale business, quale collettività, quali persone.
E’ il momento dei nervi saldi e della lungimiranza per chi guida nazioni e imprese: nessuno se la caverà da solo.
Innovazione, creatività, ingegno, non saranno sufficienti, stavolta, se non saranno guidate da volori come cooperazione, condivisione, accoglienza, redistribuzione.
Strategia: cos’è
E’ il piano di battaglia che porta alla vittoria, se possibile senza combattere. E’ partire dalla la conoscenza di sé, del proprio nemico, dell’ambiente in cui ci muoviamo, delle regole del gioco, degli stakeholder del sistema, per arrivare a guardare dall’alto e da lontano, fuori dai dettagli e dagli schemi, rimettendo in gioco le informazioni, facendole incontrare e scontrare fra di loro finché arriva la chiara visione di come preparare il domani.
Ma non esiste strategia se prima non definiamo che sogno vogliamo realizzare, che mondo, che convivenza, che vita.
Per elaborare un piano strategico è fondamentale saper analizzare, capire, collegare, intuire, pensare in modo divergente e trovare vie d’uscita efficaci alla sfida della sopravvivenza. Capire il quadro strategico, capire gli elementi che lo compongono, intercettare cambiamenti e minacce e costriure la risposta, questo il nocciolo della sfida strategica.
Avere pensiero strategico non vuol dire essere maghi, ma cogliere e interpretare indizi: come ha fatto Bill Gates ad immaginare la minaccia di una pandemia fin dal 2015? Ha visto ciò che c’era ma che altri non vedevano. Ha colto segnali, ha rilevato trend su cui valeva la pena ragionare.
Le scorciatoie
Elaborare una strategia non è facile, più semplice cercare di ridurre la complessità con facili alternative.
Le nostalgie autarchiche sono tranquillizzanti e consolatorie, come le ‘riconversioni’ sorrette dalla necessità immediata di ‘fare qualcosa’.
Non esiste pensiero strategico senza conoscenza, analisi, studio, confronto con la diversistà e le diversità.
L’ignoranza genera paura che spinge alla difesa, alla chiusura, alla diffidenza.
Spesso si lega al mito della velocità, eterno ripetersi della favola della lepre e della tartaruga, che privilegia obiettivi di breve, di brevissimo, meglio se tradotti in ordini, che ‘fanno perdere meno tempo’. Quando si scambia la fretta per velocità, dedicare parte delle risorse a prevedere e pianificare sembra uno spreco e non l’investimento che può fare la differenza tra vivere e morire.
Anche i numeri possono diventare una coperta di Linus. Di fatto, se usati troppo presto, azzoppano la creatività. Perciò il ‘Business Plan’ va benissimio, ma dopo, in fase di sintesi e di verifica della tenuta del piano sviluppato. Serve a tradurre in razionalità l’impeto creativo, a capire come trovare le risorse o come limare, ma, all’inizio, bisogna pensare senza vincoli e uscire dagli schemi.
L’eccesso di fiducia negli strumenti, consolatorio puntello, rischia di tradursi in abuso di tavole che nulla riassumono perché manca pensiero strategico che le sorregga.
La difficoltà di offrire uno schema all’elaborazione strategica dipende dal fatto che non si tratta di un cammino lineare e sequenziale ma di un percorso circolare, che ritorna sui suoi passi per apportare nuove prospettive e nuova linfa, destinato a rimettere in gioco gli elementi, con la tipica, caotica maturazione del pensiero creativo.
Per approfondire e leggere il contributo integrale:
https://www.niuko.it/magazine/la-speranza-che-il-nemico-non-arrivi-pensiero-strategico-e-pandemia
*consulente Niuko in sviluppo organizzativo