“Se qualcuno pensa che la crisi renda meno urgente la svolta verso la sostenibilità si sbaglia. Anzi, bisognerà ragionare in maniera ancora più radicale, non pensando solo alla sostenibilità del prodotto ma anche a quella della comunità. Il consumatore sarà esigente e non chiederà solo se non inquini ma anche che cosa fai per i tuoi collaboratori e cosa restituisci alla tua comunità del valore che grazie ad essa produci”
A parlare così non è il segretario di Lega Ambiente o il direttore della Caritas diocesana, bensì Diego Bolzonello, amministratore delegato di Scarpa, azienda di Montebelluna nel trevigiano, e brand riconosciuto a livello mondiale delle calzature tecniche per la montagna. Una azienda che macina da anni risultati di crescita e redditività da record, tanto da entrare regolarmente nella classifica delle “Imprese Champion”, la ricerca sviluppata da ItalyPost con l’Economia del Corriere della Sera che individua, sulla base dei bilanci degli ultimi sei anni, le aziende italiane più performanti. Aziende, che come vedremo anche in questa intervista, sono quelle capaci di rispondere meglio alla crisi e quindi già pronte a tornare a crescere. Scarpa fa capo ai Parisotto, la famiglia che ha fatto crescere l’azienda e che due anni fa ha scelto che a guidarla fosse un manager, smentendo il luogo comune che le imprese venete siano pronte a uccidere l’azienda piuttosto che a gestirla non sia qualcuno della famiglia. Certo, hanno scelto un manager di lusso, reputato tra i migliori in assoluto nel mondo delle calzature e con un passato che ha lasciato il segno. Bolzonello è infatti l’uomo che ha costruito negli anni passati il successo di Geox, azienda che, dopo un sodalizio ultraventennale aveva lasciato 8 anni fa.
Bolzonello, partiamo dal settore delle calzature. Nel servizio di apertura di questo numero di Monitor raccontiamo di una situazione di enorme difficoltà, in particolare per le calzature classiche, ma anche per l’outdoor. E’ così?
Le posso confermare che la crisi è stata davvero pesante. La chiusura dei negozi ha provocato quasi un intero salto di stagione per tutti i produttori, a cui si sta sommando – per la fascia medio e medio bassa – una contrazione davvero preoccupante della capacità di spesa di una fetta importante di popolazione. Chi si barcamenava a fatica, con questa crisi è diventato povero. Chi era povero è diventato indigente. Di questo dobbiamo preoccuparci tutti perché non possiamo abbandonare nessuno in queste situazioni. La coesione sociale è a rischio e dobbiamo affrontarla assieme prima che scoppi tutto.
E per Scarpa che riflessi sta avendo questa crisi?
Noi, come azienda, siamo più fortunati di altri. Nel settore delle calzature outdoor la crisi si è sentita, ma in maniera molto minore rispetto alle calzature classiche. All’inizio della ripartenza eravamo più preoccupati ma ora le nubi sembrano diradarsi. I mercati del Nord, che hanno riaperto prima dell’Italia, ci dicono che maggio è andato ben oltre le aspettative. Vedremo se si tratta solo di un rimbalzo o se la tendenza si consoliderà. Di certo notiamo un crescente interesse verso la montagna e l’attività all’aria aperta che, naturalmente, favorisce chi opera su questo segmento di mercato. In ogni caso le nostre previsioni di chiusura dell’anno sono, relativamente alla situazione, positive.
A proposito di questa tendenza a riscoprire la montagna, lei pensa che possa essere un indice di una attenzione crescente alla sostenibilità?
Si, non ho dubbi. Il trend sarà quello di una attenzione crescente verso la sostenibilità. Anzi, se devo dirla tutta, l’attenzione su questi temi andrà alle stelle. Perfino nella polemica sulle mascherine usa e getta avrà visto che, dopo i primissimi giorni, si è cominciato subito a ragionare su quelle lavabili e riciclabili. Il consumatore diventerà ancora più selettivo. Cercherà di acquistare prodotti che durano più a lungo e di cui possa dirsi certo che è stato prodotto senza inquinare. Questa è una tendenza sempre più forte tra i giovani e credo che investirà pesantemente il fast fashion. E poi, la domanda di sostenibilità andrà oltre il prodotto e riguarderà l’azienda e il suo rapporto con la comunità. Un problema a cui siamo molto sensibili e che ci ha portato a iniziare un cammino più rigoroso che richiede molti sforzi. Un percorso impegnativo, ma so che ce la faremo.
Come crescerete nei prossimi anni, oltre che incorporando al 100% questo concetto di sostenibilità? Abbiamo visto nelle settimane scorse sui principali quotidiani nazionali la pubblicità di questa linea “Mojito” che sembra incontrare il gradimento di molti consumatori.
Si, quella è una linea di prodotto che, come amiamo dire, “porta la montagna in città”. E’ una calzatura che tende ad avvicinare nuove fasce di popolazione al mondo dell’outdoor e della montagna. Un prodotto che sta andando molto bene, con crescite del 30 – 40%, nei paesi dell’arco alpino. Su quella linea ci sono oggettivamente margini di crescita notevole perché possiamo espanderci in tutti gli altri paesi del mondo. Certo, non è facile, perché si entra su un segmento diverso da quello della calzatura tecnica. Su questa tipologia di prodotto contano molto anche la moda e tanti altri fattori distributivi. Bisogna tenere bene i canali sotto controllo.
Crescerete anche per linee esterne? La crisi potrebbe mettere sul mercato aziende e brand che potrebbero essere salvate, assieme alle competenze che gravitano attorno ad esse, grazie alle acquisizioni di aziende finanziariamente solide come la vostra…
Premesso che noi non siamo un fondo di investimento che acquisisce aziende per rivenderle, e premesso che in questo momento siamo concentrati sulla ripresa, è evidente che, in linea teorica, avremmo la forza per crescere acquisendo aziende di settori complementari al nostro. Ma appunto, dovrebbero essere complementari, per esempio, in termini di canali distributivi e reti di vendita.
Dal suo osservatorio come vede la ripresa, a V o a U?
Sulla ripresa sono relativamente ottimista, fatto salvo che ci sono una serie di fattori internazionali difficilissimi da prevedere, a partire dalle elezioni americane e dalle conseguenze che avranno sui mercati globali. Comunque più che a V o a U io vedo una ripresa a “vibrazioni” cioè sostenuta, ma con molte fibrillazioni, piccole ricadute seguite da ulteriori riprese. Ma, come dicevo, è ancora troppo presto per fare previsioni.
Bolzonello, qualche volta ciò che vediamo in questo Paese ci fa disperare sulla possibilità di farcela. Poi vediamo imprese come la vostra e questo ci rende più ottimisti. Ce la farà l’Italia?
Guardi, le posso dire solo una cosa. L’Italia deve fare solo due cose: sfruttare al massimo le sue caratteristiche, le sue capacità e le sue competenze. E poi deve raccontarle. Come noi dobbiamo raccontare la storia dei nostri prodotti e delle nostre aziende, l’Italia dovrebbe imparare a raccontarsi. L’Italia ha tutto, le manca soltanto il marketing.