Nei giorni più duri del lockdown il paragone fra la situazione che stavamo vivendo e la Seconda guerra mondiale era ricorrente. Un’equiparazione impropria perché nel secolo scorso ci si trovava di fronte a macerie fisiche e a un bilancio di vittime molto superiore, mentre ora il nemico è invisibile e le “rovine” lasciate sul campo sono tutte intangibili.
Anche se i due contesti appaiono molto diversi, il richiamo al periodo della ricostruzione del Secondo Dopoguerra sembra tutt’altro che inutile: come in quegli anni ci troviamo spaesati di fronte a una situazione che ha spazzato via in poco tempo modelli consolidati, alla ricerca di nuovi paradigmi con la consapevolezza che non ci sarà un ritorno alla situazione ex ante. Se gli anni terribili del conflitto hanno portato con sé, nel mondo del lavoro anche alcuni trend positivi, come la presenza più significativa delle donne nelle aziende, anche il lockdown ha accelerato trasformazioni come la digitalizzazione o lo smart working, disegnando nuove possibilità.
Ecco che, di fronte a uno scenario inedito e imprevisto, che non ha paragoni nemmeno con la crisi del 2008 e chiede alle imprese l’attivazione di nuove risorse e di una buona dose di resilienza, il recupero della storia degli anni della Ricostruzione può essere motivo di ispirazione: un’operazione che stanno facendo alcune delle nostre aziende, nate proprio in quel periodo grazie alla tenacia di una generazione di imprenditori che hanno saputo partire da zero e “stringere i denti”, inventandosi nuovi prodotti e nuovi servizi.
Un’operazione di racconto e di “riflessione su di sé” capace di valorizzare i traguardi raggiunti, ma anche i momenti di crisi superati, che non è solo funzionale all’employer branding, ma che diventa la leva per costruire un’efficace strategia di heritage maketing, elemento importante per costruire un legame di fiducia con i propri clienti e spesso una delle chiavi del vantaggio competitivo delle aziende italiane rispetto ad altre realtà.
UN MUSEO AZIENDALE ALLA ISOLI DI FONTANIVA
Nell’alta padovana, la Isoli, che produce piattaforme aeree e carri soccorso è nata a pochi mesi dalla fine della guerra, nel 1946 e porta il nome della famiglia che è da sempre al timone dell’azienda. Negli anni del dopoguerra i mezzi della Isoli erano quasi in ogni cantiere e hanno contribuito in modo importante alla ricostruzione del nostro Paese dalle macerie. Nei prossimi mesi, grazie a un bando finanziato dalla Regione Veneto (DGR n. 254 del 02/03/2020 – Il lavoro si racconta. Botteghe e Atelier aziendali. Itinerari di scoperta dei patrimoni d’impresa) affiancheremo l’azienda nel percorso verso la realizzazione di un Open museum, uno spazio fisico-virtuale in cui raccontarsi al territorio e al proprio mercato di riferimento. «La rete dei nostri dealer – spiega Andrea Pette, regional Sales manager – è stata interessata negli ultimi anni da un forte ricambio generazionale e abbiamo la necessità di far conoscere loro la nostra storia che incarna i valori della qualità, dell’affidabilità e dell’innovazione. Abbiamo mezzi costruiti più di 70 anni fa, veri e propri “cimeli” che vogliamo proporre per accogliere chi arriva in azienda con un piccolo viaggio nella nostra storia».