Il famigerato “pacchetto clienti” è uno di quei temi che ritorna spesso nel corso del confronto con imprenditori e manager delle PMI con le quali ho l’occasione di confrontarmi.
L’occasione tipica di confronto nasce quando, alla ricerca di soluzioni per lo sviluppo commerciale, ci si imbatte in qualche venditore che, a fronte della provenienza lavorativa presente o passata presso un competitor diretto, promette di portare in dote il suo pacchetto clienti.
Non funziona quasi mai.
Ogni volta che mi capita di affrontare questo argomento mi chiedo se io mi senta parte di un qualche pacchetto clienti. Mi chiedo se effettivamente ci sia qualche venditore di un qualche prodotto/servizio che possa proporsi a un’azienda promettendo di trasferire il suo pacchetto clienti al cui interno possa pensare ci sia anch’io.
Mi chiedo se il responsabile commerciale del concessionario che mi ha recentemente venduto l’automobile o il venditore della tipografia digitale dove Delivera si approvvigiona, possano pensare che io faccia parte del loro pacchetto clienti. La mia risposta è no.
Sono convinto che, nel mercato competitivo moderno, il pacchetto clienti non esista più o sia quantomeno molto meno efficace rispetto a quanto molti imprenditori vogliano credere o si augurino e di quanto possa essere stato in passato.
La verità è che nella stragrande maggioranza dei casi questo approccio oggi non porta i risultati sperati e il pacchetto clienti, descritto appunto come un pacchetto da poter recapitare facilmente al destinatario, (me lo immagino anche avvolto in una sgargiante carta regalo) si sgonfia poche settimane dopo l’arrivo in azienda del nuovo commerciale.
Peccato che a questo punto ci si trovi a dover gestire una risorsa selezionata e assunta non tanto per le skills commerciali, la conoscenza delle dinamiche di mercato o la propensione al lavoro all’interno di un team che opera in accordo a una strategia ed utilizzando processi e strumenti definiti, ma per il pacchetto clienti che avrebbe immediatamente consegnato non appena approdato in azienda.
Come sempre ci sono delle eccezioni. L’introduzione di una figura che ha avuto esperienza diretta presso un’azienda concorrente potrebbe in alcuni casi essere una buona idea, soprattutto per alcune PMI di specifici mercati, ma la scelta deve dipendere dalle competenze, dalle conoscenze delle logiche di un particolare mercato e dalle skills personali che il candidato potrà portare con sé e certamente non dalla lista di nomi dei suoi vecchi clienti che, parliamoci chiaro, soprattutto nel B2B, oggi potrebbe essere facilmente reperita tramite mezzi digitali.
È bizzarro come questa attitudine alla ricerca del pacchetto clienti sia molto diffusa tra le imprese meno all’avanguardia dal punto di vista delle strategie, dei processi e degli strumenti di crescita.
Mi stupisce sempre molto notare che le stesse aziende più soggette al fascino del pacchetto clienti, sono spesso prive di qualunque strumento o strategia di retention dei propri clienti con i quali la relazione è già avviata. E non parlo di avanzate tecniche di marketing automation volte alla fidelizzazione ma banalmente di un CRM che permetta un controllo e una gestione centralizzata delle relazioni con i propri clienti.
Alcuni studi hanno rimostrato che l’upselling su clienti già esistenti sia circa 7 volte meno costoso rispetto allo sviluppo di nuovi clienti. Non so se il rapporto sia effettivamente 7 ma certamente la differenza è significativa.
D’altro canto, mi è capitato molte volte, nel corso delle occasioni di confronto con gli imprenditori delle aziende Champions di Italypost, quelle aziende che certamente hanno dimostrato con i fatti di sapere come ideare e mettere in essere le strategie di crescita, di sentirmi dire che l’assunzione di figure commerciali dai competitors non faccia parte, per scelta, del loro modus operandi. Ogni volta è come respirare una boccata di ossigeno.
L’evoluzione di queste aziende virtuose è quasi sempre volta ad aumentare sempre più il rapporto diretto con i propri clienti curando tutte le possibili interazioni con loro.
Filiali commerciali e presidio diretto anziché importatori, venditori anziché agenti di commercio, marketing sempre più customizzato anziché generalista. Provate a ragionarci.
Il contesto competitivo moderno, certamente il B2C ma sempre più anche il B2B, è caratterizzato da decine di “touch point” nei quali il cliente o potenziale cliente entra in contatto direttamente con l’azienda da cui intende acquistare. La centralità della relazione personale con il singolo commerciale è scemata enormemente a favore dell’intera relazione tra azienda e potenziale cliente. Tutto questo richiede evidentemente che ogni singolo “touch point”, personale o digitale, sia pensato, progettato e coerente con la strategia globale.
La vastissima varietà di fonti dalle quali ogni potenziale cliente può raccogliere le informazioni di cui ha bisogno per prendere le proprie decisioni di acquisto non fa che accelerare ulteriormente questa tendenza.
In questo scenario le aziende più lungimiranti hanno avuto la capacità di prendere il controllo della relazione con i propri clienti svincolandosi dalla dipendenza dai propri venditori e commerciali.
E con questo non voglio in alcun modo sminuire l’importanza del lavoro di ogni commerciale che rimane
fondamentale ma il cui ruolo va pensato come uno dei fattori di un meccanismo più vasto volto a produrre lo sviluppo delle relazioni con nuovi clienti e la fidelizzazione dei clienti esistenti.
Non prendere atto di un cambio di paradigma così evidente mi sembra anacronistico.
E quindi cosa è successo al pacchetto clienti?
La verità è che tutti noi, per natura, siamo attratti dalle scorciatoie, vere o presunte, e quindi questa opzione continuerà sempre a presentarsi di tanto in tanto.
Lo sviluppo di nuovi clienti, l’apertura di nuovi mercati o l’avviamento di nuovi canali commerciali sono attività estremamente complesse e difficili. In un mercato generalmente caratterizzato da eccesso di capacità è possibile farlo solamente se l’intero processo di business development funziona il che significa, solo citando alcuni aspetti, strategie di sviluppo corrette, chiara definizione e comunicazione della propria value proposition, posizionamento competitivo vincente, strumenti tecnologici moderni, marketing digitale allineato alle attività commerciali e soprattutto tanto, tanto lavoro.
Non è una strada facile ma è l’unica che, se percorsa nel modo corretto, funziona nella totalità dei casi.