Recuperare gli oltre dieci punti percentuali di PIL persi nei mesi successivi allo scoppio della pandemia da Covid19 – per giunta con il peso del debito pubblico che grava sulle nostre spalle – non sarà facile e non possiamo immaginare di tornare quelli che eravamo. Non possiamo cioè comportarci come se nulla sia accaduto, cercando di riconquistare la ricchezza e le certezze perse unicamente grazie all’aiuto dello Stato.
Sicuramente il denaro pubblico, nazionale ed europeo, è necessario per far fronte all’emergenza ma non basterà a coprire i nostri difetti storici, che vanno dalla lentezza nella realizzazione delle infrastrutture all’evasione fiscale diffusa, dall’atavico nanismo industriale all’incapacità di acquisire aziende straniere. La crisi va trasformata allora nel pretesto per cambiare le regole del gioco e creare gli spazi di crescita di cui abbiamo bisogno. Ma qual è la direzione da seguire? Ce la indica l’Europa, con l’iniziativa Next Generation EU, uno strumento per la ripresa da 750 miliardi che rafforzerà il bilancio dell’UE con nuovi finanziamenti raccolti sui mercati finanziari per il periodo 2021-2024, un nome che non poteva essere più appropriato. Anche noi dobbiamo pensare alla Next Italy, migliore e diversa da quella di oggi, lavorando sulle infrastrutture, sulla dimensione delle nostre imprese, sul capitale ambientale e su quello umano.
Ogni euro speso in questi ambiti è un investimento sul nostro futuro, ben oltre il semplice recupero del PIL perduto. Le infrastrutture (fisiche e digitali) richiedono la volontà di mettere a punto le giuste procedure, come il miracolo del nuovo ponte di Genova ha dimostrato. Ma necessitano anche di una call for ideas che parta dai comuni e dalle regioni che devono presentare e proporre i progetti per la loro realizzazione. Ci sono? Li abbiamo pronti? La dimensione delle aziende è poi una condizione fondamentale per competere su scala globale. Questo non significa ripudiare le nostre PMI, ma promuovere accanto a queste una nuova generazione di campioni nazionali che sappiano andare oltre i confini del Paese, diventando grandi punti di riferimento internazionali. L’ambiente e il territorio devono essere visti come capitali da difendere e da mettere a frutto grazie al turismo ma anche valori dai quali partire per elaborare una cultura della sostenibilità che non sia un optional o un lusso ma una regola di mercato. Il capitale umano rappresenta la risorsa centrale. Ogni generazione è importante – anche se il Covid-19 ha messo in discussione tale principio – e le persone si contano, non si pesano.
I giovani sono però l’asset su cui investire. Proviamo a usare denaro e pragmatismo per far sì che le donne e gli uomini di domani siano migliori. La spesa nell’istruzione, guidata da logiche da venture capital delle risorse umane (con obiettivi, misurazione dei risultati e comparazione internazionale) in grado di promuoverne la crescita, è la sfida più appassionante e fondamentale per progettare il Paese di domani.
La capacità di visione è quindi il vero banco di prova per tutti noi e per il nostro Paese, che deve affrontare una difficile risalita, raggiungendo tassi di crescita impensabili fino a pochi mesi fa. Se è vero che fino a febbraio 2020 non avremmo mai nemmeno immaginato che il nostro Paese sarebbe stato costretto a fare un balzo in avanti di oltre dieci punti di PIL, questo è oggi il tema del dibattito. Ma il recupero non è purtroppo possibile con un semplice travaso di liquidità e il riavvio dei motori rimasti fermi durante il lockdown.
Dopo la «giusta ansia» vissuta durante i mesi estivi – quelli del ritorno alla normalità – affrontiamo ora il periodo della risalita, che non sarà così semplice come quello della riaccensione delle macchine. E questo per tanti motivi che dobbiamo avere la lucidità di identificare senza imbarazzi. In primo luogo a causa della chiusura di molte attività commerciali e industriali prive della benché minima protezione di capitale e di riserve: se la cassa integrazione protegge il lavoro nelle realtà che sopravvivono, non può fare lo stesso nel caso delle aziende che muoiono lasciando uomini e donne senza occupazione dall’oggi al domani. In secondo luogo, la riapertura delle frontiere e dell’interscambio con l’estero è ricca di nuove incognite politiche e sociali, con nuovi e vecchi pregiudizi che rischiano di ridisegnare a fondo le dinamiche del commercio internazionale. In terzo luogo, la crisi ha messo al centro per davvero (e non solo a parole) temi che richiedono competenza e risorse ingenti: il digitale, la sostenibilità, la riconfigurazione del modo di lavorare, l’istruzione.
Questa situazione ci pone di fronte al dilemma più grande: vogliamo davvero affrontare questa sfida, usandola come pretesto (non dobbiamo vergognarci di farlo) per costruire una volta per tutte un Paese diverso, oppure vogliamo cedere alla grande tentazione di chiedere l’aiuto dello Stato e lasciare tutto nelle sue mani? Una tentazione comprensibile che si basa su tante argomentazioni importanti, che vanno dal salvataggio delle imprese e dei posti di lavoro all’eccessiva complessità di alcuni dei problemi da risolvere, passando per l’evidente inefficienza di tante iniziative private e delle autonomie locali. Ma proprio perché la risalita del PIL non è scontata, le risorse che dobbiamo mettere in campo sono altre. I fardelli e le arretratezze che lo Stato si porta dietro ci vedrebbero commettere due errori: quello di rinunciare a percorrere la strada corretta e quello di affidarsi a una macchina con molti difetti. Non cediamo alla grande tentazione, capiamo quali sono i problemi veri che dobbiamo sistemare attraverso un’agenda adeguata di interventi, e scegliamo il percorso da intraprendere. Sorprendendo per una volta chi ci guarda da fuori.
MARTEDÌ 10 NOVEMBRE / ore 18.00
Un evento del ciclo “I Martedì dell’Economia”
LA GRANDE TENTAZIONE
In occasione della presentazione del libro La grande tentazione. Perché non possiamo rinunciare a banche e mercati di Stefano Caselli (Egea)
Interviene
Stefano Caselli, professore ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari, Algebris Chair in LongTerm Investment and Absolute Return e Prorettore per gli Affari Internazionali, Università Bocconi, e autore del libro
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