Il tema della crescita delle PMI italiane è probabilmente il più rilevante tra quelli sui quali imprenditori e manager sono chiamati a riflettere e trovare soluzioni.
La realtà è semplice e i numeri la descrivono chiaramente.
Nel 2019, pre-Covid, in Italia si contavano circa 152mila piccole e medie imprese, quelle organizzazioni il cui fatturato è compreso tra i 2 e i 50 milioni di € e hanno meno di 250 dipendenti. Rappresentavano il 19,6% del totale delle imprese italiane (fonte: “Rapporto CERVED PMI 2020”).
Nel complesso si trattava di imprese estremamente solide, fortemente patrimonializzate ma con un evidente difficoltà nel generare una crescita in termini di ricavi e di marginalità.
Il fatturato totale aggregato 2019 era cresciuto, in termini reali, solamente del 2,8% rispetto al 2018.
Meno dell’incremento del costo del lavoro. Inoltre, rispetto al 2007, il margine operativo lordo era sceso mediamente del 19,4%.
Su queste basi appare evidente che l’arrivo dalla pandemia di Covid19 rappresenti una sfida epocale che, se da un lato può essere affrontata con la forza e la solidità patrimoniale e finanziaria mediamente presente, impone una riflessione sulle evidenti difficoltà già presenti in precedenza, tra le quali l’incapacità di generare una crescita solida è certamente la più preoccupante.
Considerando che i bilanci delle PMI sono attesi nel 2020 in calo di 11 punti percentuali in termini di ricavi appare evidente che la propensione e capacità allo sviluppo di nuovo business stia diventando una caratteristica fondamentale e in grado di differenziare le aziende che si riprenderanno più velocemente e meglio da quelle che faticheranno maggiormente.
Evidentemente l’osservazione e l’interpretazione di dati aggregati presenta dei limiti e la media non può essere rappresentativa delle singole realtà ma, certamente, anche sulla base dell’esperienza diretta che Delivera ha l’opportunità di fare con moltissime PMI, la difficoltà di costruire le condizioni che generano la crescita è diffusa e comune a molte imprese.
Ci sono una serie di sintomi comuni alla maggioranza di queste organizzazioni. In Delivera abbiamo imparato a riconoscerli e ci siamo abituati a verificarne la presenza ogni volta che ci troviamo a valutare la collaborazione con nuove aziende. I più frequenti sono:
- Forte sbilanciamento commerciale nei confronti di pochi clienti:
moltissime PMI presentano questa peculiarità. Il loro fatturato è fortemente dipendente da pochi, spesso pochissimi o addirittura un singolo, cliente. Se da un lato il rapporto di partnership commerciale presenta aspetti positivi in quanto può permettere di stabilizzare i volumi produttivi, dall’altro presenta degli evidenti rischi. Inoltre, se come spesso accade questi interlocutori sono realtà molto più grandi e strutturate rispetto all’azienda in oggetto, il loro peso negoziale determina spesso, nel tempo, una contrazione dei margini che la PMI è in grado di preservare, soprattutto quando il rapporto diventa di effettiva “dipendenza” e il potere contrattuale di fatto si annulla.
- Difficoltà di generare nuovi clienti in modo organico:
spesso, durante la fase di analisi preliminare dei dati commerciali, ci capita di renderci conto che la componente di fatturato derivante ogni anno da nuovi clienti è estremamente limitata se non addirittura assente. Talvolta, anche qualora l’azienda dimostri di essere in grado di avviare nuove relazioni commerciali, la genesi di queste opportunità è unicamente legata alle referenze dirette da parte di un cliente già acquisito. Anche in questo caso, non è certamente la referenza a rappresentare il problema. Al contrario le strategie di referral vengono applicate anche all’interno delle grandi organizzazioni commerciali e mirano proprio a massimizzare il passaparola positivo tra i clienti ma evidentemente non può essere l’unica fonte funzionante di sviluppo di business di una PMI.
- Poca consapevolezza del proprio posizionamento sul mercato rispetto ai competitor:
la conoscenza del proprio posizionamento competitivo sul mercato e in relazione ai competitor è un aspetto che ritengo fondamentale. La mancanza di questa consapevolezza è purtroppo un sintomo estremamente diffuso i cui risvolti possono essere molto gravi in quanto può determinare la generazione di scelte strategiche di prodotto o di mercato completamente sbagliate. In un contesto competitivo sempre più globale e sfidante la conoscenza assoluta del proprio mercato, dei player presenti e delle dinamiche di posizionamento è assolutamente imprescindibile.
Michael Porter, autore de “Il vantaggio competitivo, per primo ha identificato e teorizzato le strategie di posizionamento e di creazione del vantaggio competitivo. Sono passati 40 anni ma per alcune delle PMI italiane si tratta ancora di tematiche sconosciute o inapplicate.
Conoscere il proprio posizionamento di mercato ed essere consapevoli di quale sia il proprio vantaggio competitivo significa, nella pratica, avere chiaramente in mente perché un determinato tipo di cliente, in un determinato tipo di mercato popolato da determinati competitor, dovrebbe essere disposto a spendere il prezzo richiesto. Significa aver scelto una determinata strategia competitiva e significa conoscere il proprio valore differenziante.
- Assenza di dati commerciali:
Un ultimo aspetto molto comune è l’assenza, parziale o totale, di dati commerciali. Si tratta di una situazione diffusa che spesso impatta anche sui precedenti tre punti in quanto, in assenza di dati, anche l’analisi delle azioni in essere e dei risultati che ciascuna di essa può produrre diventa difficile.
Il vero problema che questo scenario determina è che non permette di imparare a sufficienza dalle scelte del passato e, di conseguenza, costringe, in attesa che un nuovo sistema di raccolta dati efficiente consenta di produrre le prime informazioni utili, a sperimentare maggiormente.
Ci siamo resi conto che la propensione alla raccolta e analisi dei dati è una condizione necessaria, non sufficiente, alla crescita organica.
Le aziende che presentano uno o più di questi sintomi si trovano oggi nella necessità di cercare le soluzioni corrette, rapide ed efficienti.
Evidentemente la soluzione concreta è diversa per ciascuna impresa e, fortunatamente, la solidità patrimoniale di cui parlavo nelle prime righe è un’ottima base di partenza per poterla costruire senza eccessivo affanno.
Tuttavia, gli aspetti da affrontare e delineare, nonostante le peculiarità di ogni impresa, sono comuni a tutte le organizzazioni. Sono tre:
- Strategia:
Ragionare sulla propria strategia competitiva significa sostanzialmente affrontare il terzo sintomo precedentemente esposto. È e deve essere la base di partenza per qualunque azione di miglioramento;
- Processo:
Un processo è un insieme di attività in grado di trasformare uno o più input in un output.
Costruire un processo di sviluppo significa definire quali risorse, quali azioni, quali metodi e quali competenze sono necessarie e come possono rappresentare l’input per determinare l’output voluto: la crescita. L’organizzazione commerciale di un’impresa è dunque una conseguenza del suo processo di sviluppo.
- Tecnologia:
La tecnologia oggi è imprescindibile. La complessità e la competizione globale impongono l’utilizzo di strumenti tecnologici adeguati che permettano di massimizzare i risultati, tracciare le azioni, monitorare KPI, automatizzare le attività ripetitive. Semplicemente non è pensabile per nessuna organizzazione di poterne fare a meno.
Credo fortemente che riflettere su questi tre aspetti definendo chiaramente le proprie scelte per ciascuno di essi, debba rappresentare la priorità di ogni imprenditore e PMI in quanto avrà impatto diretto sulla capacità di costruire una crescita organica e sostenibile.