Il volume totale dei dati digitali creati, archiviati, copiati e consumati globalmente è in continua ed esponenziale crescita e raggiungerà i 180 zettabytes, triliardi di bytes, nel 2025.
Nel 2010 erano meno di 2 zettabytes. La pandemia di COVID-19 ha influito accelerando ulteriormente questa curva di crescita.
Nel 2005 Roger Mougalas, l’allora direttore delle ricerche di mercato presso O’Reilly Media, per primo utilizzò il termine “Big Data” per definire la nascita di dataset, un insieme di dati strutturati, che eccedevano la capacità di manipolazione, gestione ed estrazione di informazioni, da parte dei computer comunemente utilizzati.
Quella che allora era una definizione poco chiara, ma certamente lungimirante, ha successivamente preso forma e oggi, per Big Data, si intende una raccolta di dati informativi così estesa in termini di volume, velocità e varietà da richiedere tecnologie e metodi analitici specifici per l’estrazione di valore o conoscenza. Il termine è utilizzato dunque in riferimento alla capacitàdi analizzare ed estrapolare informazioni da parte dei sistemi hardware e software a disposizione di una determinata organizzazione.
Nel 2017, The Economist pubblicò un articolo intitolato “La risorsa di maggior valore al mondo non è più il petrolio, sono i dati.” Citazione divenuta successivamente celebre nella sua forma abbreviata: “Data is the new oil”.
Recentemente McKinsey, primaria società di consulenza strategica, ha identificato tra gli aspetti caratterizzanti delle imprese in grado di crescere maggiormente la capacità di archiviare e analizzare i dati rilevanti al fine di produrre informazioni di valore strategico.
Tuttavia, nonostante l’importanza dei dati e la cultura dell’informazione sia una tematica ormai da anni diffusa e accettata, la realtà all’interno delle imprese italiane è spesso molto diversa.
In Delivera ci occupiamo di strategia, miglioramento e trasformazione digitale dei processi sales & marketing.Abbiamo dunque accesso a un osservatorio privilegiatoche ci permette di vedere come le diverse organizzazioni scelgono di produrre, archiviare e analizzare i dati rilevanti e di quanto siano in grado di tradurli in informazioni a valore aggiunto.
Nella maggioranza dei casi, soprattutto all’interno delle piccole e medie imprese, il divario tra le possibilitàsia tecnologiche che strategiche descritte in precedenzae la realtà operativa che incontriamo è estremamente ampio.
Ci sono due aspetti sui quali penso sia necessario focalizzare la propria attenzione per cercare di invertire questa tendenza.
Il primo è la comprensione di quali siano le informazioni realmente rilevanti per prendere decisioni in modo veloce ma efficace. In questo senso credo sia fondamentale ribadire che, nella stragrande maggioranza dei casi, la fonte delle informazioni più strategiche non può essere esclusivamente interna all’azienda.
Prendiamo ad esempio il processo commerciale. È certamente importante disporre delle informazioni relative alle offerte emesse, al fatturato generato o alle attività svolte dall’ufficio commerciale ma le informazioni che realmente permettono alle organizzazioni di differenziarsi sono sempre derivanti da un mix di dati interni e dati esterni, dati di mercato.
Chiunque si occupi di gestire un’organizzazione commerciale dovrebbe chiedersi in che modo la propria struttura sia in grado di identificare, archiviare e analizzare le informazioni derivanti dal mercato competitivo al cui interno l’azienda si posiziona.
Semplificando, ad esempio, è sicuramente importante sapere che si è in grado di convertire in ordini il 20% delle offerte emesse o che vengono inviate 150 e-mail commerciali a settimana ma è estremamente più rilevante e strategico sapere che, in un determinato mercato,la nostra aziendaè in grado di accedere e partecipare solamente al 4% delle opportunità che sarebbero allineate ai prodotti e servizi che offriamo.
Per farlo servono evidentemente dei dati relativi al mercato, dati esterni alla nostra organizzazione.
Il secondo aspetto fondamentale è come sempre legato ai processi. L’unica possibilità per arrivare a disporre di informazioni a valore aggiunto nasce dalla costruzione di un processo di raccolta e analisi dei dati supportato dagli strumenti tecnologici adeguati. Processo e tecnologia che dovranno essere necessariamente allineati e studiati all’unisono. Fortunatamente, normalmente, le aziende possono trarre enorme beneficio da informazioni che nascono da dataset relativamente piccoli e lontanissimi dal volume e dalla complessità dei Big Data.
Sono certo che ogni azienda, piccola o grande, di prodotto o di servizio, possa costruire un vantaggio competitivo concreto se si dimostra in grado di costruire un processo capace di scegliere le informazioni rilevanti di cui desidera disporre con una determinata frequenza, di identificare e archiviare i datiche le possono generare e di implementare i sistemi digitali corretti per farlo con la minore complessità, latenza e intervento umano possibile.
Data is the new oil, ma per beneficiarne serve tutto questo.