Per gli imprenditori avveduti, non è più una novità che si debba andare verso una “ristrutturazione” delle aziende in chiave maggiormente sostenibile. Si tratta di una rivoluzione nel paradigma tradizionale del fare impresa, che richiede di spostare la focalizzazione da un piano esclusivamente finanziario a uno integrato con ambiente e società e che, come tutte le rivoluzioni, ingenera comprensibilmente qualche timore. L’esperienza passata non basta più, bisogna avviare nuove attività e studiare nuovi strumenti e ci si potrebbe lecitamente chiedere se sarà necessario intervenire nell’organico aziendale inserendo nuove figure specializzate, in possesso di tempo e competenze mancanti ai nostri collaboratori. Ed ecco che possono insorgere dubbi circa i costi che il cambiamento potrebbe imporre, in questo nostro tempo “liquido” in cui l’aumento della struttura fissa crea sempre qualche perplessità. Che fare?
Innanzitutto va verificato, senza pregiudizi, se è vero che le risorse umane necessarie non sono già disponibili in modo latente nell’organigramma della propria azienda. Quando un imprenditore abbraccia la strategia della sostenibilità sa che non può farcela da solo, ma che deve poter contare su validi alleati che ne condividano il valore: ebbene, in questi primi anni di sperimentazione è emerso che i sono proprio i controller a imporsi molto spesso come efficace sostegno nel riorientamento strategico e nel nuovo reporting in chiave ESG.
Il controller nel processo di reporting per la sostenibilità
Analizzando quanto successo nelle aziende in questi anni, il controller si incontra molto spesso alla guida del team a cui viene affidato il reporting di sostenibilità. In questa sua nuova veste, assume un ruolo fondamentale per lo sviluppo degli strumenti da cui scaturisce il report dal Business Model alle matrici Swot, dall’analisi dei rischi all’individuazione dei temi materiali, dalla progettazione al calcolo degli indicatori per il monitoraggio. In aggiunta, il suo compito è tenere le fila delle attività e delle scadenze, raccogliere ed elaborare i dati, garantire una fluida comunicazione tra i soggetti coinvolti, interpretando e restituendo loro i risultati.
Ci si potrebbe tuttavia chiedere che cosa c’è di nuovo: non sono sempre stati questi i compiti del Controllo di Gestione? La questione, in realtà, è più complessa, perché il reporting di sostenibilità richiede ai nostri tradizionali controller di diventare altro, in uno sfidante sforzo evolutivo.
Il “nuovo” controller
Lo sviluppo richiesto al controller può essere schematizzato lungo le seguenti tre direttrici. Innanzitutto più ampie aree d’interesse e d’azione: troppo spesso i nostri controller rimangono confinati negli uffici amministrativi, dediti esclusivamente alle riflessioni su costi, margini, andamenti economici e finanziari. Il reporting di sostenibilità invece li promuove a figure trasversali, coinvolte negli aspetti dell’intera catena del valore, con un orientamento non solo alle vicende strettamente quantitative ma anche agli aspetti qualitativi e di relazione. Il controller, per sua predisposizione, è sempre stato un mediatore di valori, strategie, obiettivi e informazioni da e verso ogni unità aziendale: l’approccio integrato alla sostenibilità apre finalmente la via per sviluppare compiutamente questa sua missione, verso tutti gli stakeholder interni ed esterni.
Poi, un più esteso orientamento strategico e temporale: il reporting di sostenibilità non può insistere sul passato, né su obiettivi di breve periodo o tra loro scollegati, al contrario impone di esplicitare le strategie a cui l‘azienda si ispirerà nel medio-lungo periodo, basandole sulla generazione di reddito per chi apporta il capitale ma anche, con pari dignità, sul miglioramento degli impatti ambientali e sociali che riguardano tutti gli altri portatori di interesse. Lo sguardo dell’azienda si deve ampliare in senso più inclusivo e deve essere proiettato nel futuro. La conseguenza positiva per il controller è che potrà finalmente allontanarsi dal controllo operativo per concentrarsi su quello strategico, ancora troppo spesso trascurato dalle nostre PMI, dedicandosi inoltre più all’interpretazione dei dati che alla loro semplice raccolta.
Infine, la necessità di acquisire nuove abilità, le soft skills: da quanto detto è evidente come nel nuovo corso diventi irrinunciabile costruire relazioni positive con gli stakeholder interni ed esterni, così come mantenere a lungo termine un buon clima collaborativo e comunicazioni trasparenti ed efficienti. I membri del team della sostenibilità non devono tanto implementare strumenti tecnici o elaborare dati e prospetti, quanto piuttosto essere i motivatori del progetto e i mediatori a fronte di eventuali conflitti. Il controller, specie se designato come team leader, è la figura più indicata per questi compiti proprio perché non appartiene alla Linea ma opera in funzione di Staff, poggiando la propria autorevolezza non sull’autorità gerarchica ma sulle doti che l’organizzazione gli riconosce. Per farlo però ha la necessità di veder valorizzate formalmente non solo le competenze tecniche specifiche del controllo di gestione, ma anche le sue soft skills.
Controller supereroi?
Queste riflessioni potrebbero indurre l’imprenditore a convincersi di non avere a disposizione un controller così evoluto o che sia impossibile reperirne uno in tempi brevi o a costi ragionevoli. Non si può negare che la sfida sia reale, recenti analisi evidenziano che nelle aziende che hanno imboccato la via della sostenibilità la mole di lavoro dei controller è notevolmente aumentata, e che spesso si è dovuti intervenire con molta formazione sia per l’apprendimento di nuovi strumenti tecnici sia per la crescita delle abilità relazionali, motivazionali, comunicative e di gestione di progetto a cui si accennava sopra. Le prospettive sono tuttavia incoraggianti, le aziende che avviano il reporting di sostenibilità sono usualmente le più innovative e managerializzate e sono dotate già di una solida struttura di controllo di gestione, senza la quale, inutile dirlo, non è proprio il caso di lanciarsi in questa avventura. Certo, all’azienda viene richiesto uno sforzo anche economico, ma la buona notizia è che gli studi dimostrano che l’investimento sulle persone è presumibilmente l’unico veramente necessario per dotarsi di un buon sistema di reporting della sostenibilità, dato che altre infrastrutture- come per esempio quella informatica, purché si sia in possesso di un discreto ERP- sono spesso sufficienti. Vale la pena segnalare che un’ottima strategia per ottimizzare tempi e costi è l’inserimento di un Temporary Manager esperto che, grazie alla sua competenza, può affiancare efficacemente il controller per il tempo necessario a progettare e avviare il nuovo processo, fino al raggiungimento della sua completa e sicura autonomia.
Uno sguardo dall’altra parte della scrivania
Non abbiamo fin qui però dato voce al punto di vista dei nostri controller: è infatti innegabile che il successo della loro evoluzione dipende dalle scelte che l’azienda deciderà di compiere nei loro confronti, ma è altrettanto vero che anche loro devono fare la propria parte. Il nuovo approccio manda all’aria abitudini consolidate e potrebbe essere percepito come una minaccia alla propria posizione o come un evento che azzererà tutte le competenze acquisite negli anni, rischiando di ingenerare comportamenti di resistenza o boicottaggio.
Per questo motivo vale la pena, in conclusione, proporre una riflessione a chi sta dall’altra parte della scrivania: per sua stessa definizione, l’obiettivo finale dell’orientamento alla sostenibilità aziendale è quello di creare valore per tutti gli stakeholder, tra i quali proprio i collaboratori spiccano per importanza. Non è quindi immaginabile che il nuovo processo di reporting distrugga alcunché, piuttosto, nel caso specifico del controller, esso si pone come una straordinaria opportunità di crescita non solo professionale ma anche umana. E’ necessario imparare cose nuove e accettare di mettersi in gioco, ma la posta finale non sarà solo un aggiornato bagaglio di competenze spendibili in un mercato del lavoro che ne sarà sempre più alla ricerca: un grande arricchimento verrà infatti dalla consapevolezza di essere diventati elementi chiave in un’azienda che ha deciso di seguire la via della modernità, ponendosi l’obiettivo della creazione di valore condiviso e superando le ristrette visioni di contrapposizione di interessi, tipiche ormai di un’altra era.
*Debora Vicentini, Temporary Manager Professionista. Leader e Team Partner di Manager a Tempo| Controller. Laureata in Economia Aziendale alla “Ca’ Foscari” di Venezia, si occupa di Pianificazione e Controllo da venticinque anni, più di dieci dei quali trascorsi in una storica azienda metalmeccanica del Vicentino. Dal 2007 prosegue il suo impegno come Temporary Manager, dedicandosi allo sviluppo di numerosi progetti presso PMI del Veneto differenziate per settore e dimensioni. Ha maturato importanti competenze nell’analisi dei costi e delle marginalità aziendali, nella reportistica direzionale, nella progettazione della contabilità analitica sui sistemi ERP del cliente, con una conoscenza molto approfondita di SAP. Ha un forte approccio alla pianificazione, con esperienze di Business Plan complessi e di pianificazione finanziaria. Ritiene che il valore del suo lavoro sia dare al cliente una maggior visibilità sul presente e sul futuro, per operare con maggiore consapevolezza e serenità. Ama portare il rigore dei numeri al servizio della creatività imprenditoriale e di un sano sviluppo delle organizzazioni.