In ogni stagione questa è una osteria di antica memoria. Il termine “osteria” viene dall’antico francese oste, ostesse (secoli XII e XIII) che a sua volta deriva dal latino hospes. Le osterie sorsero, come punti di ristoro, nei luoghi di passaggio o in quelli di commercio che nella fattispecie sono strade, incroci, piazze e mercati. Ma qual è il minimo comun denominatore dei nostri osti? Sicuramente l’osteria era (è) anche un luogo dove socializzare. Si andava in osteria, e si va ancora, per fare quattro chiacchiere intorno a un bicchiere di vino. Ed è importante il rapporto con il territorio e i suoi prodotti. Gli osti stanno diventando i custodi dei sapori antichi.
L’Osteria alle Botti non poteva essere che spartana come ambiente e come arredamento, ma Valentina, Vanna e Paolo, conosciuto come ‘Paolone osto arrogante’ vi faranno respirare questa antica atmosfera gustando piatti che oramai stanno scomparendo, frutto di una spasmodica ricerca della materia prima. Sempre secondo stagione. I magici colori dell’autunno brillano negli gnocchi di zucca con il tartufo nero dei Colli Berici mentre l’inverno spande i suoi profumi con i bolliti misti con cren e pearà. Anche qualche incursione verso il mare con gli scialatielli con buzera rossa di scampi, ma poi si torna in terra berica con il baccalà alla vicentina e le introvabili e profumate trippe di Sorana.
Chiusura dolce con i ‘sugoi’ (budino) di uva Clinto. Conto modesto come si usava in osteria. Ma, di questi tempi, ci dobbiamo “accontentare” dei piatti che saranno anche d’asporto ma sempre sani e buoni come le tagliatelle con
ciccioli di soppressa vicentina e ‘pissacan’ (tarassaco), mantecati con il Grana Padano, oppure i tentacoli di polpo arrostiti con paprika e patate. Ma ogni giorno può essere una sorpresa.