Alessandro Gilmozzi, uno dei grandi cuochi italiani, rappresenta e interpreta mirabilmente la cucina di montagna in tutta la sua espressività. Una sosta nell’antico mulino del Seicento, nel centro storico di Cavalese, è un’esperienza di gusto e sapori indimenticabile.
La sua ricerca è minuziosa e scientifica, molti degli ingredienti sono raccolti nei boschi al cospetto del Latemar, gruppo dolomitico UNESCO. L’uso sapiente di erbe di montagna, licheni, radici, bacche, muschio, cortecce, pigne di pino mugo poi trasformati con tecniche di lavorazione sempre più raffinate elevano i suoi piatti fino alle alte vette dolomitiche, che lo ispirano.
La cucina di montagna è, nel suo ristorante, una realtà strepitosa e unica. Due sono i percorsi degustativi di otto portate a 130 euro, di 13 portate a 160 euro. Le “Miniature Wild” (abete e caviale, macaron di pasta Felicetti, fiori in salamoia, cipollotto e Trentingrana) aprono il percorso virtuoso che prosegue gioiosamente con “Olio e la Montagna”: raviolo di selvaggina con cavolo riccio e acetosella, lingua di manzetta mineralizzata, polipodio, cannella e gelato alla senape di Fiemme. E poi il succulento “Spiralotto” Felicetti con lepre e verbena per arrivare al baccalà con patate, geranio e muschio fino al trionfo della Pernice Grigio Alpina scottata alle braci e imperatoria. “Icy corteccia”, il gelato di panna infusa con corteccia di pino silvestre e le declinazioni di rabarbaro e camomilla concludono mirabilmente il viaggio goloso. La cantina è ampia e ricca di etichette di grande pregio.