“Le aziende hanno successo non solo perché hanno più dati o dati migliori, ma perché hanno manager che, usando i dati, fissano obiettivi chiari e fanno domande giuste. Data-driven non significa lasciar fare tutto ai dati: servono oggi più che mai leader capaci di comprendere il valore dei dati e trasformarli in opportunità per prendere decisioni strategiche per il futuro.” Questa una delle sfide delineate da Francesco Venier, Professore di Organizzazione Aziendale all’Università degli Studi di Trieste e Dean for Executive Education di MIB Trieste School of Management, nel suo intervento in apertura dell’evento Data-driven culture: i dati come bussola in azienda per scegliere la rotta del futuro, promosso da Niuko martedì 30 maggio nell’ambito del format Maps for Future. Fra le indicazioni offerte dal professor Venier per costruire un’azienda realmente data-driven, la necessità di ripensare i modelli organizzativi, superare i silos funzionali che dividono le diverse aree aziendali e trasferire il potere decisionale nel punto più vicino al problema da risolvere, consentendo a chi ha accesso ai dati di poter prendere delle decisioni in tempi brevi proprio sulla base delle indicazioni offerte in real time dai dati.
Nel suo intervento ha poi sottolineato l’importanza di costruire una cultura aziendale data driven, dove “la domanda che ci si pone di fronte a ogni problema non è cosa pensiamo? ma cosa sappiamo?”. Venier ha poi messo in guardia da quello che ha definito “un peccato mortale” molto diffuso, ovvero l’abitudine del manager a cercare i dati che possano supportare una soluzione precostituita e di piegare quindi i dati alle proprie opinioni. Il docente ha infine ricordato il valore dei dati, utili in azienda per individuare “dove sta la malattia” ma anche “per aprire nuove opportunità di business”. L’evento è stato anche occasione per esplorare le opportunità di business in ambito hr: fra gli esempi citati da Venier, quello di una multinazionale che ha usato i dati che aveva “in pancia”, analizzati attraverso l’intelligenza artificiale, per predire quali dipendenti erano a rischio di “uscita” e mettere in atto strategie mirate di retention. Andrea Zinno, data evangelist di Denodo ha invece sottolineato il nodo dell’accessibilità: “Spesso le aziende dispongono dei dati, ma non ne sono consapevoli”. In un momento in cui la rapidità nel prendere decisioni rappresenta un elemento di competitività, è più che mai necessario “che tutti in azienda possano accedere ai dati” che non devono restare dominio solo del reparto IT.
Nicola Mastrorilli, consulente Niuko, information designer e docente di Digital management ha invece sottolineato l’importanza di mettere in atto un approccio ai dati intenzionale proiettandoci con un approccio data-driven interoperabile, semantico, sostenibile “sul medio e lungo periodo con una strategia che faciliti le interazioni tra le persone, tra persone e macchine, tra i sistemi informatici stessi”. Annamaria Gimigliano, digital hr and organisation Ca’ Foscari, ha presentato altre interessanti applicazioni della cultura data driven in ambito hr spiegando come spesso il problema non stia tanto nell’assenza della disponibilità dei dati quanto “nella capacità di porre le domande giuste ai dati”. Nella data analysis diventa fondamentale quindi riuscire a ragionare i dati per cogliere degli insights che possano offrire delle “illuminazioni” utili a proporre soluzioni nuove..
Di grande interesse anche l’esperienza del Gruppo Veritas, che ha scelto di assumere all’ interno della propria area hr una figura con formazione tecnica nell’ambito della business intelligence. Francesco Zulian, hr controller della multiutility, ha presentato gli strumenti implementati in azienda per estrarre valore dai dati. Fra i tanti esempi, la possibilità di visualizzare in tempo reale le statistiche relative agli infortuni per individuare le eventuali criticità.