Fare dell’inclusione non solo una filosofia di vita, ma soprattutto una mission per la propria impresa. A porsi l’obiettivo di essere “un’azienda diversa”, dove è proprio la diversità a rappresentare un valore aggiunto, è Vector, realtà di Castellanza (VA) specializzata nei trasporti internazionali aerei, marittimi, terrestri e ferroviari in export ed in import. Se i diversi business dell’azienda le hanno permesso di consolidarsi come importante player del settore, forte di un fatturato di 92 milioni nel 2022 (+39% sul 2021) e 136 dipendenti, a fare la differenza è la grande attenzione dedicata negli anni a percorsi di formazione culturale, di inclusione e ambientale, con lo scopo di creare un impatto positivo su tutta la comunità e lavorare in modo sostenibile.
“Per noi essere inclusivi significa lavorare sul contesto – ci racconta Camilla Buttà, Sustainability & Communication Manager di Vector -. L’azienda è sempre stata molto inclusiva sui dati: abbiamo sempre avuto molte più donne che uomini, anche in posizioni manageriali e tante persone di diversa origine ed etnia. Quello che però non avevamo mai fatto era creare cultura e un ambiente dove le persone fossero davvero libere di essere se stesse nella loro unicità, senza la paura di un giudizio o pregiudizi. Per questo siamo partiti dal prendere una posizione anche dal punto di vista aziendale su certi temi e spiegare ciò che veniva tollerato o meno, quindi dal dare delle linee di comportamento. Era un po’ come dire: «I nostri valori sono questi e ci aspettiamo che quando siete in azienda vengano rispettati»”.
E poi, dal 2015, la creazione di un Team Diversity, un percorso aziendale finalizzato a favorire l’inclusione e diffondere i principi di accoglienza e rispetto di ogni diversità: “Abbiamo creato un gruppo interaziendale, oggi composto da più di 30 persone, che si occupa di creare momenti di formazione su temi della diversità e dell’inclusione a 360 gradi e che organizza momenti interni, ma aperti anche ad amici, parenti, fornitori e clienti in cui trattiamo tante diverse. E poi andiamo a lavorare sui nostri regolamenti e sulle nostre strutture”.
Dalle tematiche LGBT, alle disabilità motorie sul lavoro, fino alle violenze, i migranti e l’identità di genere. “Un anno – prosegue Buttà – abbiamo trattato il tema della transessualità. In questo momento non abbiamo nessuna persona in transizione fra i nostri dipendenti, ma abbiamo già fatto formazione e abbiamo il regolamento pronto. Inoltre abbiamo già dei bagni gender free, la possibilità di usare un alias e tutta una serie di cose che abbiamo già implementato nel caso ci fosse questa necessità”.
Insomma, un processo sicuramente lungo “dove siamo riusciti a sradicare molte paure, incertezze, e anche un po’ di ignoranza che c’è dietro a questi temi per restituirne una cultura dell’inclusione. Sentivamo che era qualcosa di necessario. Oggi la mia famiglia possiede il 75% delle quote e quando io e mio fratello (Andrea Buttà, amministratore delegato, ndr) abbiamo preso in mano la gestione ci siamo trovati con un’azienda che non rispecchiava i nostri valori. Da qui abbiamo lavorato per rendere l’azienda attrattiva in un settore che non lo è molto”. Si può dunque dire che l’inclusione è competitività? “Sicuramente ci permette di attirare giovani, ma anche di evitare il turnover. In un periodo in cui il turnover raggiunge il 15%, noi siamo sotto l’1%. Il nostro progetto è sicuramente nato dal cuore, ma ora si è trasformato in una leva competitiva, una strategia di sostenibilità. Noi non facciamo un prodotto, facciamo un servizio: se perdo le persone che hanno il know-how, perdo competenze e occorre ricominciare da capo, calando di qualità. Quindi per noi trattenere le persone è fondamentale”.
Non manca una riflessione su un importante tema dell’attualità: il calo demografico e delle nascite. A riguardo, Vector ha attivato numerose politiche di sostegno alla famiglia e alla genitorialità. “Intanto abbiamo tolto il termine maternità, perchè parliamo anche di paternità e lavoriamo molto sul celebrare ogni nascita, oltre a invitare i nostri dipendenti ad usare il congedo parentale. Poi, abbiamo esteso i diritti legati alla genitorialità anche a genitori non biologici né adottivi, quindi gli affettivi e alle famiglie arcobaleno. Insomma, cerchiamo di arrivare con l’azienda dove la legge non arriva”.
Senza dimenticare il Gruppo Mums&Dads, “con cui facciamo momenti di formazione e dialogo”, e l’introduzione della flessibilità di orario. “I nostri dipendenti possono entrare in azienda dalle 8 alle 9.30 e uscire dalle 5 in poi. Bisogna lavorare 8 ore, ma ognuno può gestire questo tempo come vuole. Questo soprattutto per agevolare le famiglie che devono portare i bambini a scuola, ma è ovvio che poi si tratta di decisioni che si estendono su tutti i lavoratori, per evitare ogni forma di discriminazione o differenza”.
E in quanto Società Benefit, l’azienda non può di certo sottrarsi agli impegni in ottica di sviluppo sostenibile e rispettoso per l’ambiente: “Due sono principalmente i nostri obiettivi – conclude Buttà -: da un lato avere la mappatura preciso del nostro impatto diretto e poi attuare politiche di riduzione accurate. Dal 2019, infatti, mappiamo le nostre emissioni, dal 2021 il quantitativo d’acqua e ora vogliamo misurare la gestione dei rifiuti cercando di attivare percorsi di economia circolare su quelli che sono gli scarti. E lo stesso facciamo con i nostri clienti, cercando di far loro da consulenti e aiutandoli nel mappare le loro emissioni e attuare la decarbonizzazione. E poi vorremmo ampliare la nostra auto produzione di energia in modo da diventare indipendenti: vorremmo aprire una comunità energetica nel territorio, anche a supporto delle famiglie. Ma al momento è solo un sogno”.