L’evoluzione del turismo e dell’interesse per le tradizioni culturali e gastronomiche ha cambiato l’approccio al viaggio e al tempo libero. Oggi, l’esperienza dell’utente è al centro di questa trasformazione, portando le aziende dell’agroalimentare a spalancare le porte dei propri stabilimenti al pubblico. Questo è uno dei concetti chiave che emerge dalle parole di Massimiliano Vavassori, direttore relazioni istituzionali e Centro Studi del Touring Club Italiano (Tci), promotore dell’evento WeFood.
Cosa spinge il Touring Club Italiano a partecipare come promotore dell’evento WeFood, e qual è la filosofia alla base di questa manifestazione?
Il senso della nostra partecipazione come ente promotore di WeFood sta nel fatto che oggi il turismo è cambiato, quello che una volta era votato esclusivamente al fattore naturale come la montagna e il mare ora si basa principalmente sulle tradizioni e gli aspetti culturali, esempio di fatto è il turismo enogastronomico, e il turismo industriale osservando un quadro più ampio. Sono cambiate le motivazioni all’origine degli spostamenti turistici, ma non solo, anche la domanda di tempo libero, necessità e desiderio convergono in questa direzione. Scoprire le tradizioni, come avvengono le produzioni e le peculiarità dei nostri territori è un fattore chiave nelle decisioni del turista di oggi, soprattutto nell’ambito della visibilità.
Vavassori, quanto è importante oggi, per un’azienda dell’agroalimentare, aprire le porte del proprio stabilimento? Che tipo di ritorno c’è, parlando anche di contesti territoriali?
L’esperienza per l’utente è un tema estremamente forte in questi casi, riguarda la percezione che si ha del mondo produttivo. Non ci si affida più solo alla comunicazione, ma si intraprendono percorsi di condivisione e si cerca una connessione empatica con le realtà artigianali. È una delle strategie più interessanti, che i soggetti possono mettere in pratica. Un salto ulteriore è riuscire a creare una rete tra le diverse realtà territoriali, con le loro pratiche e storie. L’effetto moltiplicatore, lavorando in un settore di prodotti specifici, è sicuramente enfatizzato, viene incrementato il valore effettivo della percezione stessa. Il ‘far bene’ non basta, bisogna cercare di portar dentro al proprio mondo specifici valori solidali che andranno sicuramente ad influenzare in modo positivo anche il turismo. Il ‘marchio’ territoriale può essere speso in chiave di attrattività.
Come si fa rete in questo settore, quanto conviene farlo?
La conoscenza reciproca non è così scontata, ovvero passare dal vedere un concorrente della stessa filiera come un partner su alcune funzioni specifiche. Qui entrano in scena gli enti pubblici, attraverso i quali facilitare il confronto e l’attivazione di partnership virtuose. L’offerta turistica dopotutto parte dall’incontro tra il pubblico e il privato e, di conseguenza, per sfruttare al massimo queste possibilità, le aziende, in questo caso del settore enogastronomico, non fanno da meno.
Parteciperanno molti giovani al WeFood, che cosa è importante che capiscano le nuove generazioni delle aziende enogastronomiche?
Il punto di partenza è: che tipo di esperienza può stimolare le nuove generazioni a provare interesse per queste realtà? Ispirare è un fattore determinante. Innanzitutto abbiamo notato un maggiore interesse delle generazioni presenti, rispetto a quelle del passato, ad ingaggiare in questo tipo di attività ricreative. L’innovazione sicuramente influenza lo sviluppo dell’interesse per realtà definite di nicchia e artigianali. Si è passati da un turismo passivo ad un turismo pro-attivo, ovvero che la domanda richiede un accesso interno alle aziende. I giovani cercano esperienze che li possano cambiare, che gli lasci un messaggio, un bagaglio di conoscenze. I social-media, per esempio, hanno alquanto facilitato la fruizione del settore, come la creazione di community e condivisione. Questo ovviamente non riguarda solo il turismo gastronomico, ma di conseguenza anche il culturale. Inoltre, sotto il profilo strettamente personale, è importante promuovere professioni che si stanno ormai perdendo, negli ultimi 10 anni l’enogastronomia ha visto un crescente interesse. C’è un desiderio più evidente di riappropriarsi dei valori e delle produzioni opposte alla globalizzazione.