“C’è un bambino che sale un cancello \ ruba ciliege e piume d’uccello \ tira sassate non ha dolori \ volta la carta c’è il fante di cuori”. Non c’è dubbio, alcuni dei versi di una delle canzoni più note di De André. Eppure non viene spesso menzionato che Volta la carta, come tanti altri componenti di Faber, è stata il frutto di una collaborazione. Dietro quel testo e quella musica c’è infatti anche Massimo Bubola, cantautore veronese classe 1954, che ha co-firmato album come “Rimini” (1978) e “L’indiano” (1981). E non solo, ha anche scritto con Fiorella Mannoia (è sua “Il cielo d’Irlanda”), Mia Martini, Milva, Mauro Pagani, Tosca e Grazia Di Michele. Oltre a ventuno album in cui figura come autore e interprete: Nastro giallo, Vita, morte e miracoli, Amore e guerra, Il cavaliere elettrico, Neve sugli aranci, solo per citarne alcuni. Abbiamo parlato con lui della mancanza di un’adeguata cultura del diritto d’autore in Italia.
Bubola, lei ha collaborato con De André eppure troppo spesso non viene menzionato come autore di quei successi.
In Italia c’è poca attenzione nel citare gli autori delle canzoni che si eseguono. Negli Stati Uniti, ad esempio, è prassi comune invece menzionare chi ha scritto il brano che si sta cantando. Qui invece, spesso, si attribuisce tutto all’interprete. Prendiamo il caso di De André: ha collaborato con molti autori, me compreso, ma raramente veniamo citati quando le sue canzoni vengono eseguite o discusse.
Quali sono le conseguenze di questa mancanza di riconoscimento?
Il diritto d’autore non è solo una questione economica, ma anche morale. L’attribuzione corretta fa capire al pubblico come stanno realmente le cose. Ci sono canzoni che ho firmato con De André, metà musica e metà testo, ma non vengo quasi mai citato. Questo danneggia la mia immagine professionale e il mio lavoro. Se la gente non sa che hai scritto una certa canzone, perdi opportunità professionali e visibilità.
Come si potrebbe migliorare questa situazione?
Sarebbe necessario che la Siae, l’ente che gestisce i diritti d’autore in Italia, rendesse obbligatoria la citazione degli autori. Inoltre, bisognerebbe educare il pubblico e gli artisti stessi sull’importanza di riconoscere il lavoro creativo di tutti i contribuenti a un’opera musicale. Anche i media dovrebbero fare la loro parte, citando sempre gli autori quando parlano di canzoni, come ad esempio si fa a Sanremo.
Lei ha collaborato con molti altri artisti oltre a De André. Ha riscontrato lo stesso problema?
Sì, ho scritto per molti altri artisti come gli Stadio, Fiorella Mannoia, Milva e tanti altri. Il problema è diffuso. C’è una tendenza a concentrarsi solo sull’interprete, dimenticando chi ha effettivamente creato la canzone. È un problema culturale che va oltre il singolo caso. Ci sono anche cover band che fanno concerti senza mai citare gli autori delle canzoni che eseguono.
Come è cambiata l’autorialità nella musica contemporanea rispetto a quando ha iniziato?
Quando ho iniziato, c’erano molti parolieri specializzati. Oggi quel mondo è quasi scomparso. C’è meno attenzione alla tecnica, alla metrica, alle rime. I contenuti sono cambiati: negli anni ’70 parlavamo di temi sociali e politici, oggi c’è più concentrazione sul sé. Inoltre, l’avvento dell’intelligenza artificiale sta ponendo nuove sfide alla creatività umana.
A livello di approccio alla scrittura, cambia qualcosa quando scrive per sé o quando collabora con altri artisti?
No, non c’è nessuna differenza. Ciò che può cambiare è l’arrangiamento dei brani, che è un po’ come il colore del vestito, ma il taglio rimane quello. L’arrangiamento e l’interpretazione possono dare chiavi di lettura diverse, facendo emergere sfaccettature che magari non avevo previsto. Questo è sempre interessante.
E, visto che ha scritto numerosi libri, quando scrive in prosa?
Il mio ultimo romanzo si intitola “Sognai talmente forte”, pubblicato da Mondadori due anni fa. In esso sviluppo alcuni temi delle mie canzoni, inclusa “Volta la carta”. La mia scrittura in prosa mantiene una metrica interna simile a quella della poesia, con un surrealismo organico nella narrazione.
Quale consiglio darebbe ai giovani autori?
Consiglierei loro di essere sempre consapevoli del valore del loro lavoro creativo e di pretendere il giusto riconoscimento. È importante anche educare il pubblico su questo aspetto. La musica è un’arte collaborativa e tutti i contributi dovrebbero essere riconosciuti e rispettati. Inoltre, li inviterei a non smettere mai di studiare, di leggere, di ampliare i propri orizzonti culturali.