“L’occhio in gioco” è una mostra che si pone sul confine tra arte e scienza, tra colore e movimento, raccontando la sottile differenza tra ciò che è vero e ciò che potrebbe esserlo ma non lo è. Una mostra che nasce con l’obiettivo di andare ben oltre il consueto, il già visto, e che punta piuttosto, come suggerito dal titolo, a far scendere il pubblico in campo, per scoprire come l’occhio possa sì guardare, catturare e leggere, ordinare e comporre, ma possa anche essere ingannato, raggirato, imbrogliato.
La mostra risulta ricca e alquanto originale grazie anche a chi ne cura il taglio curaturale. Si tratta di Luca Massimo Barbero per la parte storica, mentre della parte dedicata al Gruppo N e alla psicologia della percezione si sono occupati Guido Bartorelli, Giovanni Galfano, Andrea Bobbio e Massimo Grassi.
Il luogo scelto per l’esposizione è il Palazzo del Monte di Pietà a Padova, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, che ha voluto proporla in collaborazione con l’Ateneo Patavino. La mostra è inserita infatti nell’ambito delle celebrazioni per gli 800 anni di storia ed attività dell’Università degli studi di Padova. La data di partenza è stata quella del 24 settembre 2022, mentre la data di fine è il 26 febbraio.
Nel percorso di “L’occhio in gioco” si è condotti a misurarsi con arte, fotografia, miniatura, scultura, scienza e tecnica. Assistendo all’inganno del movimento e dello stesso colore, con occhio e mente condotti a percepire come un unicum ciò che nella realtà fattuale è composito. Fenomeni che erano già ben noti ad artisti, alchimisti e filosofi dei tempi lontani, come testimoniano le antiche miniature e le mappe celesti presenti in mostra, esempi primigeni della necessità e abilità dell’uomo di accostare colori dando vita a una sorta di caleidoscopio magico. Immagini del mondo e antiche sfere armillari sono accostate a costruzioni Bauhaus e contemporanee, a rivelare una continuità inaspettata.
Gli studi di Goethe, Runge e Henry relativi all’arte e alla scienza sull’ottica della teoria del colore, saranno accostati ad opere di grandi maestri, come Seurat e Kandinsky, che hanno affrontato il tema della percezione visiva.
Il visitatore potrà ripercorrere la fase in cui il cinema era agli albori (dai fratelli Lumière a Man Ray) e in cui si sperimentava con la fotografia (da Bragaglia a Muybridge), grazie al passaggio dal movimento rappresentato agli oggetti in movimento, un vorticoso alternarsi di strumenti scientifico-tecnologici e oggetti artistici.
In un percorso che alterna i grandi protagonisti del secolo breve, da Calder a Munari, da Duchamp a Vasarely, si scoprirà che anche senza l’uso del colore l’occhio umano può essere ingannato, che il ritmo e la geometria, concetti così apparentemente immutabili, possono distorcere e ridisegnare la realtà. Non mancheranno, infine, le incursioni dell’optical nel mondo del costume, della moda e del design.
Nella città di Galileo, non poteva non trovare spazio la tradizione di studi e sperimentazioni condotte, fin dal 1919, dalla scuola della psicologia della percezione dell’Università degli Studi di Padova: si tratta di ricerche nel campo della visione che hanno avuto uno straordinario impatto innovativo e che, travalicando l’ambito accademico e disciplinare, hanno contribuito a stimolare, a partire dagli anni Sessanta, un ambiente artistico-culturale d’avanguardia proiettando la città di Padova e i suoi artisti sulla scena internazionale.
Questa seconda parte dell’esposizione, sempre allestita a Palazzo del Monte, confronta un’accurata selezione di documenti e studi accademici con le opere del Gruppo N, costituito proprio a Padova da Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi e Manfredo Massironi, e di Marina Apollonio: tutti protagonisti indiscussi della “nuova tendenza” ottico-cinetica. Grande rilievo verrà dato anche alla scuola di psicologia della percezione dell’Università di Padova. Nello specifico, saranno approfondite le figure di Cesare Musatti, Fabio Metelli e Gaetano Kanizsa. In particolare, saranno approfonditi i principali temi di studio e i rapporti fra la loro ricerca scientifica e quella artistica delle avanguardie ottico-cinetiche.
All’interno del Museo di Storia della Medicina di Padova (MUSME), inoltre, è allestita l’opera ‘tu sei’ di Alberto Biasi, che pone lo spettatore nella situazione in cui vede moltiplicata la propria ombra, divenendo protagonista dell’opera.