È una cucina della tradizione nel senso che intendeva T. S. Eliot, che magari li ha anche conosciuti quando visitò Vicenza attorno al 1911, perché la famiglia ha oltre un secolo di onorato servizio nella cucina vicentina. Sosteneva Eliot: persone serie che propongono piatti vitali e non scontati, vivaci e non artificiosi, classici ma non stanchi. Vivono quello che Stravinskji riassumeva con queste parole: “Una vera tradizione non è la testimonianza di un passato concluso, ma una forza viva che anima e informa di sé il presente”. Per convincervi, provate la “pasta 40 a 1”, chiamata così perché si usano 40 tuorli e 1 chilo di farina, condita a seconda della stagione. I tartufi, raccolti personalmente, come le erbe e i funghi, assicurano autentiche sorprese. La selvaggina, gli spiedi e le carni sono da sempre una specialità, ma anche i prodotti locali hanno ampio spazio: dai bìgoli al broccolo fiolaro al piatto classico del Vicentino, vale a dire “polenta e baccalà”. Interessanti sono anche i salumi, di cui si riforniscono da produttori fidati: il galano di culaccia di prosciutto crudo accompagnato dalla loro giardiniera vale molto più di un antipasto. La carta dei vini è generosa e non cara, il servizio sorridente, il conto sui 45 euro.
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