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“Noi diciamo che affrontare con coraggio la crisi climatica è anche un’occasione straordinaria per rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo e quindi più capace di futuro. Non parliamo di una politica che è solo ambientale, perché non sarebbe all’altezza della sfida». Così Ermete Realacci, presidente di Symbola e ambientalista “storico” spiega il senso del “Manifesto di Assisi”.
E anche una risposta a Trump, che accusa gli ambientalisti di essere “profeti di sventura”?
E lui ad avere un approccio ideologico perché trascura le evidenze dei fenomeni in atto a cui sono esposti tutti e in particolare i Paesi più poveri. Ma non vede neanche i cambiamenti. In campagna elettorale ha accentuato l’appoggio al
carbone Usa, ma da quando é al governo hanno chiuso 50 centrali, e ad ottobre tutti i nuovi impianti erano da fonti rinnovabili. Le dinamiche del mondo dell’economia smentiscono la vecchia economia e la vecchia politica ma allo stesso tempo c’è bisogno di accelerare perché non bastano.
In che modo?
C’è bisogno di mettere assieme e rafforzare questa sfida comune. Partendo da ciò che hai sotto mano. Ma senza lasciare indietro nessuno. E al tempo stesso affermando che non c’è nulla di sbagliato in Italia che non possa essere corretto con quanto c’è di giusto in Italia.
L’Italia ha dunque tutte le potenzialità?
Siamo in grado di portare un contributo a questa sfida, proprio a partire da quello che siamo. Ovviamente intriso di tanti problemi aperti, dal debito pubblico all’illegalità, dalla disuguaglianza della distribuzione della ricchezza a una burocrazia spesso soffocante, ma anche di quanto di positivo noi rappresentiamo, che si è costruito, sulle politiche che abbiamo messo in atto, in qualche caso più avanzate di altri Paesi, in altri casi no. Ma molto del nostro essere avanti è legato a come si è creata l’Italia nei secoli, un’economia fondata sulle comunità e sulla bellezza. Il manifesto è molto italiano, perché chiama a raccolta le migliori energie.
Nel messaggio voi sottolineate il forte ruolo dell’Europa.
Quello che ha fatto sopravvivere gli accordi di Kyoto e li ha portati ad attuazione è stato l’impegno europeo, altrimenti saltava. Ma poi l’Europa si è imballata. Oggi ha bisogno di una nuova missione, per riscoprire non solo la ragione di stare insieme ma anche le straordinarie risorse tecnologiche, intellettuali, morali, spirituali, valoriali, di cui è portatrice. Io diffido da chi parla solo di quanti soldi stanzi.
Non è un caso il vostro riferimento alla Laudato si’ di cui quest’anno ricorre il quinto anniversario. E poi, sempre adAssisi, a marzo l’evento “Economy of Francesco”.
È una nuova alleanza tra diversi e proprio per questo più feconda. Senza perdere la propria anima, anzi scommettendo sulla propria anima. E che ha il coraggio di essere veramente popolare. Non parte da un atteggiamento, che a volte hanno anche gli ambientalisti, di pensare che essendo portatori della verità, il mondo li deve stare a sentire. Francesco ha detto che il pastore deve avere l’odore delle pecore. Questo appello tocca mondi molto diversi, ma vuole avere in tutti l’odore delle pecore.
Più di 35 anni fa manifestava fuori del cantiere della centrale nucleare dell’Enel di Montalto di Castro. Oggi firmate assieme il manifesto.
Allora dicevamo che il nucleare non conveniva economicamente, ma ci dicevano che l’ente elettrico francese era fortissimo e l’Enel in difficoltà. Invece oggi l’Enel ha scelto con grande nettezza la prospettiva delle rinnovabili, è l’azienda che ne produce di più al mondo, mentre i francesi, appesantiti dal nucleare, sono messi molto peggio. Da allora molte cose sono cambiate, la stessa finanza fa i conti con questi problemi. Poi ci vorrebbe anche la politica, ma questa è un’altra storia.
*Avvenire, 25 gennaio 2020