Giogio Cattelan, fondatore di Cattelan Italia, azienda champion del settore dell’arredamento, nei tanti anni di carriera di crisi ne ha viste tante, da quella del 2001 a quella del 2008. “Ma questa è la peggiore ci dice” anche se la supereremo meglio che in altri settori. A chiudere saranno pochi e solo quelli che erano già destinati a morire, mentre la riscoperta della casa sarà l’elemento su cui costruire una ripartenza.
Cattelan, secondo lei qual è la situazione dopo due mesi di stop imposti dall’emergenza?
Il settore sta reagendo bene. Ovviamente molto dipenderà dalle politiche che verranno adottate dal nostro governo, perché è necessario che in Italia tornino a circolare soldi e soprattutto che venga mantenuta l’occupazione, perché è solo così che non solo il nostro ma tutti i settori reggeranno. Il colpo è stato forte, anche noi abbiamo avuto un brusco calo a marzo, ma ci stiamo riprendendo egregiamente. Quest’anno quasi certamente chiuderemo con numeri inferiori rispetto all’anno scorso, ma penso che alla volta di settembre torneremo a regime.
E all’estero?
Anche i mercati esteri secondo me sono fiduciosi. Dobbiamo pensare che d’ora in poi cambierà il modo di vivere, stiamo vivendo un cambio epocale. Secondo me, e anche secondo molti operatori del settore, la gente rimarrà di più in casa, quindi investirà di più nell’arredamento per crearsi un ambiente più confortevole. Sono molto ottimista per il nostro settore: rispetto al resto dei nostri competitor internazionali avremo senza dubbio un vantaggio, e anche in tempi abbastanza brevi. Non dimentichiamo che il mobile italiano è molto quotato.
Che impatto ha avuto per voi l’emergenza?
In due mesi abbiamo perso il 30%, più o meno, in qualche mercato di più e in qualche altro di meno, ma abbiamo un bel portafoglio ordini per cui siamo tranquilli, adesso stiamo lavorando a pieno ritmo. In questo periodo abbiamo riscontrato un forte aumento di vendite online. E alla fine è questo il futuro, anche nel nostro settore: sta cambiando il mondo e la pandemia ha fatto accelerare questa tendenza. Ma non è la prima volta, tutti i cambiamenti portano a delle svolte: vedi il 2001 e il 2008. Questa crisi è ancora più grossa e quindi cambierà ancora di più il mercato.
Quindi considera il digitale uno strumento importante?
È fondamentale. Permette in qualsiasi momento di mostrare i nostri prodotti, di svilupparne di nuovi, di far conoscere le politiche aziendali e di tenere viva la relazione con il cliente.
In quali mercati avete riscontrato maggiori difficoltà in questo periodo?
Forse quello italiano, perché i negozi sono stati chiusi a lungo. In Medioriente, in Giappone, in Australia la situazione è stata tranquilla, e anche in Germania e Stati Uniti, anche se tutto sommato non è andata male.
E che mi dice del mercato cinese?
Abbiamo avuto flussi di ordini costanti, è un mercato in cui stiamo crescendo bene. Tra un anno o due non si sa come sarà la situazione, ma noi operiamo a un livello alto, e in Cina ci sono molte persone ricche.
A questo proposito, secondo lei con l’emergenza cambierà il comportamento dei clienti del lusso?
Il lusso sarà sempre privilegiato, anche negli altri settori. Chi è che soffre oggi? La classe più debole. Ma è la classe più debole che fa il mercato, perché il lusso muove poco, a muovere tanto è la fascia bassa.
Nel vostro settore quante aziende crede che resteranno in piedi rispetto al totale?
Secondo me quasi tutte, perché le aziende grandi e ben piantate come noi non accuseranno il colpo, mentre le piccole in qualche modo andranno avanti. Certo, qualcuno ci lascerà le penne, magari qualcuno che andava già male prima, o qualcuno che non crede più nell’attività o che è stanco, ma non direi che sarà una “pandemia”, ecco, anche perché il nostro è un settore molto frammentato. Un po’ in tutti i settori si parla di un 10% di aziende che falliranno, ma nel nostro secondo me saranno meno.
Quali sono gli elementi necessari per rimanere in piedi?
La solidità, la presenza sul mercato e il marchio.
Immagina che una strada da intraprendere nel futuro per essere più forti possa essere quella delle aziende che aggregano marchi diversi? Qual è la sua opinione in merito?
Sicuramente se ti presenti più forte sul mercato hai più chance, perché alla fine ciò che importa è la presenza sul mercato. Noi ad esempio abbiamo acquisito Arketipo una decina di anni fa e questo ci ha reso più forti. Non le nascondo che, se capitasse qualche altra acquisizione complementare, non ci tireremmo indietro, perché presentarsi con un brand globale ti rende più forte.