E ora, che fare? E’ una domanda che attanaglia molti imprenditori e CFO, alle prese in queste settimane con problemi di liquidità. Annunciato in conferenza stampa lunedì 6 aprile, il nuovo decreto è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale soltanto giovedì 9 e non è difficile immaginare che piu’ di un imprenditore abbia trascorso questo difficile e anomalo ponte Pasquale cercando di interpretare le nuove norme e con la preoccupazione di poter accedere ai finanziamenti in tempi rapidi. Lo scorso 25 marzo il webinar che ha inaugurato il progetto NOW – Niuko on web era dedicato proprio agli effetti del Codiv-19 sulla finanza aziendale: fra gli oltre 70 partecipanti, interpellati con un sondaggio dal docente e consulente Niuko Roberto Boldrini, l’89% si era detto preoccupato dalle conseguenze dell’emergenza in corso sul bilancio aziendale e molto probabilmente oggi, di fronte alla stessa domanda, questa percentuale già elevatissima risulterebbe ancor più alta.
«Alla forte preoccupazione che rilevo da parte delle imprese con cui mi confronto quotidianamente – spiega Boldrini- si accompagnano aspettative pessimistiche sulla ripresa: la percezione diffusa è che sarà estremamente lenta e che l’impatto sui fatturati del 2020, ancora difficile da stimare visto che non si conosce l’evoluzione dell’epidemia, sarà molto significativo perché il gap registrato con la battuta d’arresto di queste settimane non potrà essere recuperato. D’altra parte – aggiunge il consulente – ho la sensazione che il nuovo dl liquidità abbia generato una grande aspettativa e sia stato accolto con una fiducia, forse non pienamente giustificata».
Della stessa opinione anche Mirko Bragagnolo, delegato credito e finanza di Confindustria Vicenza: «Le cifre destinate a credito e garanzie sono sicuramente importanti e questo è un bene perché, per lo meno, si riconosce che questo lockdown e il danno che si sta venendo a creare nelle catene globali del valore avranno ripercussioni inimmaginabili sulla liquidità, e non solo, delle imprese. Chiaro comunque che si sta trattando di indebitarsi, sia dal lato del privato che del pubblico, e quello di uscire dall’emergenza favorendo l’indebitamento di aziende che restano chiuse non è una vera soluzione ma solamente un primo aiuto per non chiudere per sempre. Far debiti non producendo creerà difficoltà, poi, nel reperire liquidità per fare investimenti, tornare sui mercati e riconquistarsi quelle posizioni perse perché, mentre noi siamo immobilizzati, competitor internazionali, a partire dalla Germania, in alcuni campi non si sono fermati. O sicuramente non come noi».
L’ANALISI
Se Bragagnolo sottolinea l’importanza del fattore tempo «bisogna portare subito liquidità alle imprese», Boldrini precisa che sul decreto rischia di arrivare alle imprese un messaggio errato o perlomeno fraintendibile: «Siamo di fronte a un allargamento importante del fondo di garanzia. Gli interventi sono differenziati per scaglioni in base alle classi dimensionali, con garanzie statali del 90% o del 100%, un piano di ammortamento in tempi lunghi e significative condizioni di preammortamento. E’ bene però precisare che non ci sarà nessun automatismo: si tratta di operazioni che verranno comunque veicolate dalle banche e la concessione del finanziamento sarà soggetta a un meccanismo decisionale, seppur a maglie molto più larghe di quelle cui siamo abituati. L’applicazione poi potrebbe essere differente nei diversi istituti di credito che, dal momento che il decreto è appena uscito, devono ancora definire i criteri».
ALCUNE INDICAZIONI ALLE AZIENDE
Ecco che, spiega Boldrini, «se un’azienda non ha un fortissima urgenza di liquidità, è conveniente attendere un paio di settimane per poter avere qualche elemento in più sull’evoluzione degli scenari e valutare le condizioni di più banche in modo da poter accedere alla migliore offerta possibile, anche se sono consapevole che non tutte le imprese sono oggi nella condizione di aspettare…».
Nel richiedere il finanziamento, l’indicazione offerta dal consulente è infine di «valutare attentamente il fabbisogno stimando il worst case, lo scenario che prevede una ripresa più lenta».