È rinato il caseificio Sant’Antonio a Villaverla, con una bella novità: il coraggio di tre protagonisti del settore zootecnico, imprenditoriale e caseario che ha dato come risultato un formaggio pregiato, “Il Posina”, di cui s’erano perse le tracce. Anche questo formaggio, dunque, è rinato dalla sua storia. L’inaugurazione del caseificio s’è svolta, qualche giorno fa, nella sede di via Sant’Antonio 22, con il sindaco Ruggero Gonzo in fascia tricolore. Ne aveva motivo, perché l’evento riallaccia le fila della Storia. Il primo caseificio Sant’Antonio era nato cento anni fa, nel 1923. S’è fuso nel 1989 con quello di San Domenico ma i 60 soci di oltre trent’anni s’erano ridotti asciugato a dieci nel 2010 per poi svanire e far chiudere l’impresa.
A far rivivere il caseificio ci hanno pensato Antonio Sandonà, imprenditore del settore alimentare, e Giuseppe Dagli Orti, allevatore. Dall’incontro casuale dei due personaggi a malga Marcai, la più alta del Vezzena dove Dagli Orti fa pascolare d’estate le sue 130 vacche di pezzata rossa, è germogliata l’idea di produrre quel formaggio che un tempo era prodotto dal caseificio di Posina,ora chiuso.
Come casaro è stato scelto il maestro Girolamo “Gimo” Cunico: 89 anni e 70 di esperienza nel settore. Detto, fatto. Una prova di 500 formaggi in malga ha convinto i due imprenditori che l’esperimento poteva funzionare. È Gimo il valore aggiunto: lui s’è gettato anima e corpo nell’avventura come avesse vent’anni (e infatti dimostra trent’anni meno della sua età anagrafica). Da qualche mese si producono a Villaverla 100 forme a settimana del formaggio di latte di pezzata rossa con l’antico nome, “Il Posina”.
Cento forme da 11 chili l’una vuol dire utilizzare 100 quintali di latte a settimana. La stagionatura richiede sessanta giorni. Al latte, naturalmente, pensa Dagli Orti con le sue 600 vacche.
Il procedimento è rigoroso: mungitura a mano, lavorazione a latte crudo per non perdere tutte le sfumature della materia prima. Il latte è prodotto da vacche che si nutrono solo di fieno e cereali. Ultima curiosità: nel rinato caseificio Sant’Antonio uno dei due casari è Riccardo Cunico, trent’anni, nipote di Gimo. Fra nonno e nipote la qualità è garantita per molti anni: basta assaggiarlo, non stanca mai.