Chi avrebbe mai dato un euro per questo avvocato di Foggia diventato Presidente del Consiglio quasi per sbaglio due anni fa grazie alla situazione di stallo che si era creata tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini all’indomani della vittoria dei loro due partiti populisti? Nessuno. Conte chi? Giuseppi, come era stato ribattezzato per sbeffeggiarlo dopo che il Presidente americano Trump così lo aveva chiamato erroneamente così in un suo tweet.
E invece, mentre Luigi Di Maio è uscito rapidamente di scena assieme al suo compare Danilo Toninelli a causa delle infinite sciocchezze di cui si sono macchiati in un anno di governo, mentre Matteo Salvini si è giocato tutto il suo consenso andando a discoteche a bere mojito, facendo giocare il figlio con le moto d’acqua della Polizia e, in questi giorni, sbraitando e seminando il panico nel corso della crisi più drammatica che il Paese sta affrontando dal dopoguerra, lui, Giuseppi, con un atteggiamento che ricorda l’imitazione di Prodi da parte di Corrado Guzzanti, sta fermo, tranquillo, immobile come un semaforo, a gestire con sangue freddo una situazione che ha mandato in tilt non solo il Paese ma soprattutto il cervello di quasi tutti i politici.
Non parliamo solo di Matteo Renzi che facendo ormai coppia fissa con Matteo Salvini nel gioco di chi la spara più grossa per rubare la scena e mettere in difficoltà il governo, è ormai diventato una figura patetica incapace di accettare il suo fallimento personale e politico. Parliamo anche del governatore della Regione Lombardia, Attilio Fontana, che ancora oggi si vanta sui quotidiani della sceneggiata in mondovisione nella quale si infilava la mascherina facendo così apparire l’Italia un lazzaretto anziché un Paese civile che affronta con dignità la guerra contro un virus invisibile.
Parliamo anche di quel Luca Zaia, diventato ormai una barzelletta a causa dell’alternare a seconda dei giorni allarmi apocalittici e rassicurazioni sul fatto che tutto sia sotto controllo, che i cinesi mangiano i topi vivi o che sono nostri grandi amici e fratelli. Ma parliamo anche di quegli industriali di Padova e Treviso che, pur giustificati dal caos scatenato dal decreto, domenica scorsa si sono fatti prendere dal panico al punto tale di chiedere improvvidamente le dimissioni del Governo.
Giuseppi no. Lui è stato fermo, ha gestito con fermezza e serietà ogni guaio provocato dagli altri, come è accaduto con la vergognosa diffusione della bozza di decreto sabato scorso. Con altrettanta calma gestisce tutte le spinte emotive o interessate che rischiano di portare il Paese nel caos. Ieri, quando l’inedita alleanza tra Gori e Fontana, supportata da tutta la Lega, ha cercato di costringerlo a chiudere perfino le fabbriche, ha saputo svicolare l’assedio politico con un colpo di genio. Ha imposto di chiudere tutto ciò che nei fatti era già chiuso (i negozi) rispondendo così politicamente alla domanda di sicurezza, ma ha tenuto aperto tutto ciò che è essenziale per la sopravvivenza del Paese (fabbriche e trasporti).
Il giorno che l’Italia dovrà fare i conti con gli enormi danni che questa crisi e l’allarmismo speculativo sta provocando, dovrà prendersela con chi ha seminato paura e panico, e ringraziare invece quel Giuseppi venuto dal nulla che ha limitato al minimo i loro danni, garantendo che il Paese potesse affrontare l’emergenza sanitaria ma tenendolo in piedi nelle sue strutture fondamentali.
Grazie Giuseppi, anche a nome di quei milioni di lavoratori e di quelle imprese che sono come lei in questo difficile momento in prima linea a combattere perché l’Italia riesca a sopravvivere a questa crisi.