Due indagini autorevoli, due fotografie della portata della doppia sfida che le aziende si trovano di fronte, «in un momento in cui appare chiara la necessità di riscrivere un nuovo equilibrio fra vita privata e vita professionale e si apre la strada per un nuovo umanesimo», spiega Maurizio Sarmenghi, consulente e formatore sui temi della gestione strategica d’impresa.
Da una parte il rapporto Gallup State of the Global Workplace 2021, secondo cui il livello di coinvolgimento dei dipendenti nelle rispettive organizzazioni è sceso nel 2020 arrivando al 11% nell’Europa Occidentale, con un valore ancor più basso per l’Italia (5%). C’è di più: il nostro Paese risulta purtroppo ai primi posti in Europa sia per quanto riguarda il daily stress – lo stress quotidiano – sia per quanto riguarda la daily sadness, ovvero la “fatica di vivere”.
Dall’altra il rapporto Deloitte Global Millennial Survey che già nel 2018 evidenziava come le aspettative e i valori dei millennial rispetto alle loro organizzazioni siano spesso divergenti sia rispetto a quelli espressi dalle generazioni precedenti sia rispetto alla dimensione valoriale aziendale.
Le due ricerche, spiega Sarmenghi, che da tempo collabora con Niuko, mettono in luce «il deterioramento del modo- di vivere le organizzazioni e la conseguente necessità di far crescere il coinvolgimento dando nuove risposte di senso» e, al contempo, «l’emergere di nuove domande da parte dei millennial, fra tutti quella della sostenibilità aziendale come asset strategico», ma anche il peso sempre più forte attribuito al tema del work life balance. Tendenze già in atto che il Covid ha accelerato.
La risposta da parte delle aziende è stata molto diversa: «Ci sono realtà che si stanno dimostrando capaci di leggere questi segnali di cambiamento – spiega Sarmenghi – e si interrogano continuamente sui trend evolutivi dei modelli organizzativi, dei modelli di business e delle risorse umane traducendo questa visione in azioni concrete. In molte altre realtà si rileva invece un deficit di progettualità, in un primo momento motivata con le urgenze legate all’emergenza, ora magari con la necessità di “star dietro” alla grande mole di lavoro connessa alla robusta ripresa degli ordini». Secondo Sarmenghi un territorio vivace economicamente come il Veneto è sollecitato oggi a dare risposte che, attraverso la generazione di idee nuove e soluzioni differenti, garantiscano l’evoluzione delle organizzazioni per adeguarsi ai meccanismi di competitività dei prossimi 4-5 anni e rispondano al problema di attrattività dei talenti con cui fa i conti il territorio. Così, ad esempio, sul tema dello smart working, «è necessario superare la visione tecnicistica, concentrata soprattutto sugli aspetti contrattualistici e formali passando da un approccio employee-centered a un approccio human-centered e inglobando questo tema all’interno della strategia di business complessiva dell’azienda». «Il dibattito che si è aperto in molte aziende – conclude in consulente – è spesso limitato alla scelta di quanti giorni accordare per lo smart working una volta superata l’emergenza, eppure non è questo il nodo centrale per l’efficacia del modello. Temi come l’individuazione e la mappatura delle figure cui accordare il lavoro a distanza, la gestione del controllo, la risposta al rischio di perdita del concetto di team o dello “scambio di sapere” proprio della condivisione della quotidianità in presenza vanno governati all’interno di una progettualità forte, che poggia su un pensiero. Ecco che l’hr nei prossimi anni avrà un ruolo centrale, di cui i responsabili risorse umane per primi sono chiamati a prendere consapevolezza».