Da quel fatidico sabato 21 marzo, in cui il premier ha annunciato la chiusura delle attività non essenziali, gli imprenditori costretti allo stop si uniscono in un unico grido di dolore. Le attività soggette alla concorrenza internazionale rischiano di rimanere schiacciate, e c’è chi dice che assentarsi per due mesi dai mercati esteri significa suicidarsi. Perché il tema vero è quante di queste fabbriche riusciranno a riaprire le loro porte dopo sei settimane di chiusura
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