Soffia forte e turbolento il vento dei flussi geoeconomici e geopolitici. Scuote, agita e fa volar via in una crisi di senso il segnare con bandierine e mappare con il verde di Lega Ambiente o con l’arancione del Touring (con i suoi 130 anni di educazione al viaggio e ai turismi), territori e piccoli comuni virtuosi animati da una coscienza di luogo interrogante. Gli dedichi microcosmi in quel terzo racconto di una eterotopia del margine che rimanda al dibattito sulle aree interne o alla transizione ecologica rilanciata da Symbola tratteggiando distretti sociali, dove la nebulosa del terzo settore ipotizza comunità operose di manutenzione del territorio e di un welfare di comunità. Poi ti ritrovi nei flussi del cigno nero delle guerre a pezzi della metamorfosi feroce e selettiva dell’industria (Stellantis) e in un turbinio di retoriche per mangiare futuro dove anche il terziario da intelligenza artificiale e turismi da leggeri si fanno pesanti. Microcosmi e bandierine non bastano, schiacciate dai numeri delle tragedie delle guerre e dai numeri dei licenziamenti operai. In mezzo, il terzo racconto si ritrova spaesato tra chi dice, basta retoriche di territori e di città smart, torniamo alla dura realtà della transizione. A questo pensavo ascoltando il sindaco del piccolo comune di Castelsaraceno, Rocco Rosano, al 130esimo del Tcl. In questa occasione si è data voce ai “comuni polvere”, come li chiamo io, quelli rurali “sopravvissuti” e a volte riattivati grazie al flusso turistico nelle aree interne e montane. Microcosmi appunto, che rispetto alle metropoli e alle smart-city non sono certo considerati centri dell’ipermodernità. Buone pratiche sono quelle dei “sindaci arancioni” come Gaetano Celano di Valsinni, noto per il castello della poetessa Isabella Morra, che in collaborazione con la Cooperativa Sociale Cosmos, arrivata quest’anno al suo tredicesimo compleanno, sta cercando di attivare un modello sociale e sostenibile con l’attivazione del Parco dei Crisciuni e il LeduPark. O quella raccontata dallo stesso Rocco Rosano che, nel suo comune di soli 1200 abitanti, ha attivato politiche “sovversive”, come lui le chiama, contrastando le convinzioni dominanti con il “cantiere della fiducia” per lo sviluppo della comunità. Qui si é creato il ponte tibetano più lungo del mondo (586 metri), tra il Parco Nazionale del Pollino e quello dell’Appennino Lucano-Val d’Agri Lagonegrese, inaugurato nel 2021. In 3 anni questa opera ingegneristica ha prodotto un indotto con quasi 60mila ingressi e più di 150mila presenze turistiche, 18 contratti di lavoro attivi per 18 giovani ritornanti di Castelsaraceno che sono rientrati senza più voler andar via. Rispetto ai flussi turistici quest’anno il comune ha registrato un +40% di arrivi e di presenze nelle strutture extra alberghiere che si stanno incentivando per riqualificare il patrimonio abitativo abbandonato. Sempre con la Cooperativa Sociale Cosmos anche qui, si è sperimentato un modello di coprogettazione pubblico-privato con il progetto di ristorazione scolastica biologica certificata e di educazione alimentare “NaturalMensa.” Ma ragionando di numeri come non si può non concordare con Antonio Calabrò, quando ci mette in guardia rispetto al canto delle sirene dei turismi che compensano quelli della manifattura. Certo, il ponte tibetano nel suo pontificare spettacolare e green tra due parchi, seduce ed attrae, ma se si guarda in basso si vede Melfi e la fabbrica di Stellantis dove la green economy è transizione selettiva e problematica verso l’elettrico e si vede anche il distretto del petrolio. Questioni grandi, più di un microcosmo che rimandano al ponte tibetano del salto d’epoca che dobbiamo attraversare. Quando soffia forte il vento tutti i ponti traballano. I flussi di grandi imprese, della crisi ecologica, dei turismi, quando impattano su un territorio ne segnano i destini: dei piccoli comuni, degli operai, dell’ambiente, ridisegnando piattaforme territoriali. In tempi di turbolenza ognuno tende a cercare il proprio ponte tibetano per attraversare. Da qui il mio invito ai sindaci dei piccoli comuni raccontati a non rinserrarsi, ma a percepirsi come un terzo racconto operoso nella piattaforma territoriale. Dando voce e racconto ai tanti e/o piccoli comuni nella piattaforma Napoli-Bari-Taranto attraversata dalle contraddizioni dell’ipermodernità: la denatalità e lo spopolamento, l’Alta Velocità, la siccità dei bacini idrici, il dibattito sugli idrocarburi, la crisi di Stellantis a Melfi e di Acciaierie d’Italia a Taranto… Anche nelle economie dei territori nessuno si salva da solo.