Sembra fantascientifico pensare all’esistenza di un materiale bidimensionale, tanto più alle sue eventuali applicazioni tecniche. E invece no, è scienza. Ed è scienza da premio Nobel. Ciò di cui si parla è il grafene, un ‘foglio’ di carbonio il cui spessore è il più piccolo esistente in natura: quello – inapprezzabile – di un atomo.
Tra le caratteristiche fisiche di questo leggerissimo materiale ci sono una resistenza paragonabile a quella dei diamanti – che, non a caso, sono costituiti da atomi di carbonio legati in modo non casuale tra loro – e la flessibilità della plastica. Ma non solo: la struttura ordinata da cui è formato permette agli elettroni di muoversi senza dispendio di energia, motivo per cui è anche un ottimo conduttore termico ed elettrico.
A chiarire queste e altre specifiche che rendono il grafene ‘il materiale del futuro’ sarà uno dei suoi due scopritori, Andre Gejm, che sarà ospite al Festival della Green Economy di Parma. Il fisico russo naturalizzato olandese interverrà nella serata di sabato 6 maggio alla Sala Conferenze di Palazzo Soragna al panel ‘Grafene, il materiale ecosostenibile del futuro’, introdotto da Davide Bollati, presidente Davines Group, che organizza l’evento, e Antonio Parenti, capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea.
Una scoperta che, come si accennava, è valsa il premio Nobel alla fisica nel 2010 a Gejm e al collega Konstantin Novoselov. E che pure è avvenuta quasi per caso, durante uno dei loro ‘esperimenti del venerdì notte’, dedicati a progetti inconsueti e senza finanziamenti, condotto nel 2004 in un laboratorio a Manchester. I due stavano infatti cercando di ottenere uno strato di grafite il più sottile possibile, attaccando e staccando due pezzi di scotch con in mezzo un fiocco di questo minerale in polvere. E senza aspettarselo si sono trovati di fronte a una cosa sino a quel momento ritenuta impossibile: uno strato di carbonio monoatomico.
Da allora il grafene sta rivoluzionando i campi dell’elettronica, dell’aeronautica e dell’esplorazione spaziale grazie alla possibilità di combinarlo con metalli e materiali plastici per renderli al contempo più resistenti e più leggeri. Ma le sue applicazioni paiono essere illimitate, spaziando dalla biomedicina fino alla depurazione di acqua e aria. Quella più importante potrebbe però essere nel settore dei sistemi di immagazzinamento dell’energia, visto che il grande rapporto tra la sua superficie e il suo volume potrebbe permettere alle batterie sia di mantenere più energia che di ricaricarsi più velocemente.
Sabato prossimo a Parma il premio Nobel metterà in luce a che punto sono le ricerche su questo materiale e quali saranno le frontiere del suo utilizzo da qui in avanti in un’ottica di sostenibilità. E chiarirà anche i punti fondamentali per vincere la sfida dell’upscaling: ossia nel cercare di mantenerne alta la qualità anche quando se ne produrranno grandi quantità.