L’idea della nostra lingua come un organismo vivo e in continua evoluzione, che non può essere arbitrariamente deformata né artificialmente conservata. Questa l’intuizione che ha contraddistinto Mario Cannella nel suo campo, “instancabile indagatore triestino del lessico dell’italiano”, nonché “curatore del vocabolario Zingarelli”. Qualità che gli hanno valso anche il riconoscimento “Civiltà Veneta”, durante la 42^ edizione del Premio Masi, che dal 1981 seleziona annualmente tre personalità venete – per nascita, famiglia o adozione – che si sono distinte nel campo della letteratura, del giornalismo o dell’arte. “Tutto scorre, anche la lingua. Al porto di Trieste, da ragazzo, vedendo i portuali che ‘scaricavano’ le merci, mai avrei pensato che un giorno avremmo scaricato anche i file”, scherza il lessicografo mostrando in un esempio pratico la mutevolezza della lingua, nel corso della premiazione che si è tenuta ieri sera, venerdì 27 novembre.
Ma chi è questo professore che ha instancabilmente lavorato addentrandosi nel lessico italiano? Dopo essersi laureato in Lettere e Filosofia all’Università di Trieste e aver diretto il Centro Universitario Cinematografico di Trieste, Cannella si è trasferito a Milano dove per alcuni anni ha insegnato come professore di Lettere. Successivamente si è spostato in Cina, dove ha lavorato per alcuni anni come autore del dizionario Italiano-Cinese edito dall’Università delle Lingue straniere di Pechino. Tornato in Italia, nel 1983, inizia la sua collaborazione con la casa editrice Zanichelli, curando la pubblicazione di Primo Zanichelli, vocabolario elementare di Italiano”, uscito nel 1991 e dedicato soprattutto ai più giovani. Successivamente ha lavorato alla revisione e modifica delle edizioni annuali del vocabolario Zingarelli, vincendo nel 2022 il concorso letterario omonimo, il “Premio Zingarelli”.
Quando, durante un’intervista a Repubblica, viene chiesto a Marco Cannella che ruolo possa avere un vocabolario, e quindi di conseguenza il suo lavoro, in un mondo iperconnesso come il nostro, risponde come “sia tutt’oggi uno strumento essenziale rispetto a quello episodico del web”. La rete, infatti, può certo essere un utile mezzo “per verificare come si scrive una parola, ma l’approfondimento è un’altra cosa”. E proprio tutti quei termini che nascono online, difficilmente trovano accesso e spazio nei nostri dizionari, “vocaboli spesso troppo effimeri, destinati a non mettere radici. Da lessicografo osservo le parole per qualche anno prima di considerarne l’uso consolidato”. Un’osservazione che è anche una finestra aperta sugli incessanti cambiamenti della nostra società. Il vocabolario è ancora attuale e necessario, “se la cultura serve, allora il dizionario serve”, dice. La comunicazione “deve avere un senso e un significato, che vengono racchiusi proprio lì”, dove si rifugia il patrimonio storico e attuale della lingua italiana.
Premiato oggi per il suo inestimabile contributo all’approfondimento sulla tradizione e l’evoluzione della lingua italiana, Mario Cannella si è dichiarato “onorato per essere stato scelto fra gli insigniti del Premio Masi Civiltà Veneta.”. Il tema di quest’anno “Radici e Prospettive” interessa pienamente i vocabolari, come ha precisato il lessicografo, “sia nelle Radici, da Dante, appunto, e poi Boccaccio, Petrarca, P. Bembo, G. Galilei, A. Manzoni e tanti altri, sia nelle Prospettive della lingua dell’uso attuale: le fonti (i giornali e le riviste, Google ecc.), il digitale, ‘l’intelligenza artificiale’ e la cultura in generale (e il mondo) che sta cambiando rapidamente”. Nel corso della serata ha definito, il suo, un mestiere “di frontiera”, che lo pone come intermediario tra lo studio approfondito della materia e il grande pubblico. E guardando proprio a Dante, “padre dell’italiano”, a lui così caro tanto da avergli dedicato una lezione nel cuore del vocabolario Zanichelli, spiega come questo premio, tramite la Tenuta Serego Alighieri, che fa parte del gruppo Masi, rimandi proprio al poeta fiorentino, di cui i Serego Alighieri sono i discendenti. E, conclude, “da buon veneto-triestino, ho sempre amato il vino e il mondo del vino, frequentando cantine e personaggi, buoni motivi per essere oltreché onorato anche molto felice del Premio Masi”.