Prima del Covid era dato per spacciato, con Salvini pronto a esiliarlo a Bruxelles ad occuparsi di pomodori e mozzarelle. Poi, l’emergenza lo ha resuscitato, facendolo volare fino al 70% dei consensi in Veneto (dove però l’opposizione si è auto – abolita) e al 51% sul piano nazionale. Un exploit che lo ha portato sulle prime pagine di tutti i quotidiani, inclusi quelli internazionali.
Lui, che è un politico attento, ha fatto carte false pur di andare al voto regionale subito, sapendo che, quasi certamente, mai più nella sua vita avrebbe raggiunto livelli di consenso di quelle dimensioni. A impedirlo è stato, nei fatti, Salvini, che ha schierato tutti i parlamentari (inclusi quelli veneti) contro l’ipotesi di voto a luglio, proprio per evitare che Zaia facesse il pieno. E così sarà, perché, già oggi, i segnali di una caduta di consensi per Zaia sono evidenti.
La favola “Zaia” sembra essere terminata. In soli venti giorni, cioè tra il 17 giugno e il 7 luglio, il sondaggio Ixè (che rileva il livello di consenso dei personaggi politici) registra un arretramento di ben cinque punti. Il 17 giugno, infatti, Zaia godeva dell’apprezzamento del 51% degli italiani, mentre oggi è dato al 46%. Un calo sostanzioso, che pur vedendolo sempre, per il momento, al secondo posto ella classifica, indica anche che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte rimane stabile al 55% dei consensi.
Cosa è accaduto per provocare questa brusca inversione di rotta che potrebbe non essere terminata? Pare evidente che Zaia, in una prima fase, sia stato avvantaggiato dall’impietoso confronto con Fontana. Mentre, durante la crisi Covid, il leghista lombardo è riuscito a sbagliarle tutte, lui di errori ne ha commessi molti meno. Grazie anche alla potentissima macchina mediatica che controlla militarmente quasi tutti i media (sono davvero rari gli articoli critici sul suo operato), è riuscito a far dimenticare la vicenda dei topi cinesi e, anche, le contraddizioni su “chiudere tutto”, “aprire tutto”, “chiudere tutto” e “riaprire tutto”, tesi che sosteneva a settimane alterne.
Va detto però che la crescita di consensi è stata abbinata nella testa dell’opinione pubblica al nome del prof. Crisanti, il microbiologo padovano artefice dei tamponi a cui si è attribuito il merito di aver permesso al Veneto di gestire meglio la crisi. Altro elemento che aveva contributo a determinare il successo di Zaia, è stata la linea “aperturista” di ogni attività che ha cavalcato da protagonista e che vedeva percentuali di consenso del 75% dei veneti e di gran parte degli italiani.
Ma Zaia, ha un difetto. Come molti politici, dietro i toni bonari da uomo di campagna, ha un culto di sè stesso che va oltre ogni limite e che fa sì che chiunque osi fargli ombra, o peggio ancora, lo critichi anche solo su singoli atti, venga isolato se non, addirittura, aggredito.
E’ stato così che, quando il prof. Crisanti è cresciuto in popolarità fino a oscurarlo, Zaia ha cercato di isolarlo e di aggredirlo. Il professore padovano, che non deve essere dotato di particolari doti di docilità e capacità di sottomettersi alla politica, ha reagito a quel punto con virulenza. Il risultato è stato che la credibilità di entrambi è stata intaccata e che, dunque, una parte del consenso sia stato eroso.
Da quel momento Zaia ha iniziato a innervosirsi, e a tentare di recuperare i consensi perduti. Prima ha provato rilanciando il tema dell’Autonomia, ma Salvini è stato lesto a stopparlo e a chiudere un accordo con il centrodestra che esclude che quella riforma possa essere mai realizzata. Poi, nei giorni scorsi, ha tentato di rilanciarsi sfruttando il meccanismo della paura, arma di consenso formidabile sia per i politici che per i media. Il problema che però gli si è creato, nel momento in cui ha giocato la carta del “focolaio” di Noventa Vicentina, è che si è esposto ad un duplice rischio. Il primo è quello di essere passato per l’ennesima volta da alfiere della serenità a alimentatore della paura, tanto che anche oggi, il Corriere della Sera, quotidiano che evidenzia più di altri i rischi legati al Covid, pubblica un altro articolo che dipinge il Veneto come terra di numerosi focolai e di nuovo in pericolo. Una scelta, questa di Zaia, che sta facendo infuriare gli operatori del turismo (settore importantissimo in Vneto) ed allarmare gli imprenditori che temono – come ha detto ieri Luciano Vescovi – che ora voglia imporre un nuovo, e questa volta letale, lockdown. L’altro rischio a cui si è esposto Zaia con questa nuova linea “rigorista” è stato quello di essere infilzato da Crisanti, che non perde occasione per far rilevare le contraddizioni sempre più evidenti nelle quali il governatore del Veneto spesso cade, affermando tutto e il contrario di tutto.
Pare evidente, quindi, che, se non cambia strategia, Zaia è destinato a calare ancora nei consensi. E già qualcuno gli fa notare che, nella fase difficilissima che colpirà l’economia in autunno, non gli basterà fare conferenze stampa show come quelle che ha svolto durante il lockdown per creare posti di lavoro e rilanciare il Veneto. Certo, non essendoci avversari sul campo e con tutti i media a suo favore, il risultato che otterrà alle regionali del Veneto del prossimo 21 settembre è scontato, ma non è più detto che supererà il 70% come si era prefisso. In politica, si sa, ascese e cadute sono all’ordine del giorno. Ma lui, ora, dopo anni, per la prima volta, sembra essere in fase di discesa.