«L’azienda ha rischiato di finire a gambe all’aria e con lei tutti i fornitori e partner con cui lavoriamo. Dai produttori di cosmetici alla logistica, parliamo di oltre 150 posti di lavoro oltre ai miei 60 dipendenti. Non potevamo permetterlo». Questa la versione di Cristina Fogazzi, alias l’Estetista Cinica, che ha spiegato così l’errore che ha portato l’azienda, attiva nel settore della cosmetica, a decuplicare la valorizzazione dei punti fedeltà. I cosiddetti “punti fagiana” che gli utenti accumulano con l’acquisto dei prodotti. Un errore che sarebbe costato più di 5 milioni di euro a VeraLab, l’azienda esplosa per fatturato e per utili durante gli anni della pandemia.
Peccato che, guardando ai numeri dell’azienda, la versione fornita ometta alcuni dettagli che testimoniano una realtà completamente diversa da come è stata raccontata. VeraLab infatti ha chiuso il 2020 con 48 milioni di fatturato (48.345.160 per la precisione) e circa 12 milioni di utile netto (ebitda al 36%, vale a dire 18 milioni, con un flusso netto di cassa di 10 milioni). L’azienda bresciana, peraltro, ha chiuso il 2020 con in cassa 16 milioni e nessun debito verso le banche. Nel 2021 Cristina Fogazzi ha inoltre dichiarato di aver raggiunto 60 milioni di fatturato, ragione per cui, se l’ebitda è – come probabile – rimasto sugli stessi livelli percentuali degli anni precedenti, dovrebbe ammontare a circa 22 milioni di euro, con un flusso di cassa di 14 milioni che, aggiunti ai 16 precedenti, fanno un totale di 30 milioni. L’utile nel 2021 si attesterà verosimilmente a 15 milioni di euro.
C’è dunque da chiedersi perché raccontare che per un minor ricavo 5 milioni l’azienda sarebbe stata messa in ginocchio, quando in realtà, avrebbe ridotto (e solo parzialmente peraltro) gli utili stratosferici che l’azienda è abituata ormai a macinare. Più nello specifico è utile precisare che, se i punti sull’acquisto di nuovi prodotti vengono riconosciuti sotto forma di sconto sul prezzo di vendita, il minor ricavo di 5 milioni di euro su 60 (ipotizzando pure che il fatturato 2022 rimanga fermo ai livelli del 2021) questo si tradurrebbe in un livello di ebitda (e quindi di utile) inferiore di 5 milioni. Cioè 17 milioni di ebitda anziché 22 milioni, e 10 milioni di utile anziché 15 milioni. Un quadro tutt’altro che “fallimentare”.
In questi anni abbiamo ammirato la capacità imprenditoriale della signora Fogazzi e continuiamo a farlo, perché ha senza dubbio inventato un modello di business davvero geniale e unico nel suo genere. Ci si permetta di ammirarla meno quando, a fronte di un errore verso i suoi clienti, anziché assumersene le responsabilità (come ogni imprenditore dovrebbe fare) lo scarica sulle cosiddette “fagiane” narrando peraltro una sua fantasiosa versione. Dicono le cronache che molte clienti hanno applaudito a queste sue scuse e non reclameranno per i bonus che erano stati promessi. Sarebbero rimaste altrettanto fedeli se l’Estetista Cinica fosse stata un po’ meno “cinica” e avesse correttamente ammesso che la conseguenza dei suoi errori sarebbe stata “solo” una diminuzione – temporanea – dei suoi utili stratosferici? E che dire dell’idea di quotarsi in Borsa che ha fatto trapelare in passato? Come conciliare la necessaria trasparenza che richiede l’essere quotati con una comunicazione– in questo caso – a dir poco opaca?