Cominciamo con il nome. Letteralmente è un “piccolo covo” e non a caso uno dei fondatori, Cesare Benelli, ha inventato lo storico ristorante “Al covo”. Però qui la sfumatura è diversa: “covino” indica la “comunità del vino” e in questa accezione trova un suo ruolo Andrea Lorenzon, l’altro fondatore, figlio del celebre oste Mauro, che partendo dalla bottega di casa ha poi fatto esperienza a Londra con Giorgio Locatelli, a Venezia con Gianni Bonaccorsi e con la famiglia Alajmo.
Lo spirito del locale è lo stesso degli accoglienti e soffusi bistrot di Parigi. I gestori ne hanno ricreato l’identica atmosfera cordiale, informale, ricca di gusto e vi hanno aggiunto piatti di intelligente tradizione. La carta dei vini, cardine del locale, conta un centinaio di etichette, tutte di vini naturali e legati al territorio. Vuol dire che le vigne si trovano nel loro territorio di vocazione e che i metodi di produzione rispettano l’ambiente e la materia prima. Li chiamano “vini umani” perché – spiegano – mettono in risalto la personalità del produttore e ne trasmettono la filosofia. I piatti spaziano tra molti sapori (non solo) locali: dal gazpacho di melanzane e sgombro alla panzanella di coniglio grigio di Carmagnola, dal riso, patate e cozze fino al maiale di San Miniato, dalla Bolognese gratinata al ragù di mamma Liviana fino ai rigatoni con sarde, fagiolini e capperi. La scelta delle combinazioni è varia: il menu degustazione “Fa’ ti” con quattro portate a sorpresa costa 49 euro; tre piatti scelti dalla carta vengono 44 euro.