La gara non è mai nemmeno iniziata. Luca Zaia, il governatore della regione storicamente più leghista d’Italia, non ha avuto nemmeno bisogno di fare campagna elettorale. I presunti competitor sono stati scelti dalle rispettive forze di opposizione, anziché con il criterio di mettere in campo il candidato più competitivo, sulla base di quali problemi potevano risolvere all’interno del loro schieramento. Così Arturo Lorenzoni, voluto dal Pd padovano per risolvere il problema della ricandidatura di Sergio Giorndani, rischia di fare un risultato inferiore perfino a quello di Alessandra Moretti, dimostrando così che al peggio non c’è mai fine.
Luca Zaia è emerso così come un leader incontrastato in un Veneto dove, come ai tempi di Signori & Signore, l’ipocrisia regna sovrana. In una regione che sotto il dominio incontrastato del super governatore ha perso banche, assicurazioni, multiutilities, non ha completato nemmeno l’Alta Velocità e vede fuggire i suoi giovani laureati perfino verso le regioni confinanti, nessuno ha mai osato operare nemmeno un minimo di critica costruttiva. Basti leggere la lettera della Confindustria regionale prima del voto, dove gli appelli a tenere più in conto il mondo dell’impresa, suonano così generici e vaghi che sembrano scritti o dettati direttamente dallo stesso ufficio stampa del governatore.
Così Zaia, che, nella intervista rilasciata al Corriere del Veneto – che riportiamo in questo numero di Monitor – che ha negato perfino dati evidenti come quello sulla differenza tra le regioni relativamente alla fuga dei giovani, ha potuto permettersi di passeggiare indisturbato, preoccupato soltanto dalla guerra interna con Matteo Salvini. Che il leader della lega sia disperato lo si è capito quando ha costretto tutti gli assessori uscenti a correre sotto la bandiera del suo partito e contro la lista personale di Zaia. Probabilmente, almeno così dicono i rumors, Zaia batterà anche Salvini e la lotta potrebbe finire con la lista della lega che a stento raggiungerà il 50% dei voti di quella del governatore uscente. Le due battute circolate in questi mesi e che danno il quadro della situazione sono le seguenti: la prima, di Giovanni Diamanti, dice: “Zaia potrebbe non farcela a superare il 100%”; la seconda, raccontata da Marco Bonet, è quella secondo cui nei bar dei paesi le persone non dicevano più, per chiedere la data delle elezioni, “quando si vota?” ma chiedevano invece “quando è che si va a votare Zaia?”.
Ma, poiché la politica non si ferma, essendo l’eroe regionale al terzo mandato, il punto di interesse vero è chi da questo voto regionale emergerà come il potenziale leader per il dopo. E tutti gli occhi sono puntati su una donna, Elena Donazzan, leader di quei Fratelli d’Italia d Giorgia Meloni, dati in fortissima ascesa a livello nazionale e agguerriti competitor della Lega. I giornali ieri raccontavano di una Donazzan che avrebbe prenotato la poltrona della vicepresidenza, postazione dalla quale potrebbe partire la sua corsa. Con una solida esperienza amministrativa alle spalle, forte di un consenso trasversale minato soltanto da alcune prese di posizioni ideologiche su temi identitari della destra post fascista, l’assessore al lavoro vicentina potrebbe nei prossimi anni costruire passo dopo passo la sua candidatura. Operazione possibile soprattutto se la Lega di Salvini dovesse andare in crisi e quel 30% di voti attribuiti a Zaia, un giorno che non dovesse essere più lui il candidato, tornassero in libertà nell’alveo del centrodestra. E dato che Giorgia Meloni è già in corsia di sorpasso su Salvini a livello nazionale non è detto che, senza Zaia in circolazione, questo non possa avvenire anche in Veneto.
Nel centrosinistra, invece, dove è inimmaginabile possa emergere in Veneto un leader alternativo al centro destra, un inaspettato elemento di novità potrebbe uscire da questo voto. Chi ha seguito con attenzione i movimenti di questi mesi non ha mancato di notare la campagna elettorale “presidenziale” di Giacomo Possamai, candidato rivelazione già alle comunali di sette anni fa Vicenza dove fu il secondo dei consiglieri più votati, e ora lanciato come candidato alternativo a quello ufficiale del Pd nel collegio elettorale della provincia di Vicenza. Il giovane Possamai, oltre a godere di un forte consenso tra i suoi coetanei, è fortemente apprezzato da personaggi storici del centrosinistra, da Enrico Letta ad Achille Variati. La sua campagna elettorale ha rotto completamente con lo schema rassegnato e a tratti patetico dei suo compagni di partito, puntando ad un voto personale e trasversale che prescinde da quello del candidato presidente. Si potrebbe definirla quasi un “votate me che sono il futuro” senza contrapposizioni a Zaia o affiancamento a Lorenzoni. Non che un candidato del Pd avrà mai la possibilità di vincere in Veneto, ma, di certo, se Possamai raccoglierà consensi che andranno oltre le condizioni attuali del centro sinistra e le normali aspettative, dopo il voto di oggi e domani assisteremo alla nascita di un leader veneto del Pd che potrà giocare tanto a livello nazionale quanto come candidato alternativo e credibile alla prossima tornata regionale.
Domani pomeriggio vedremo e sapremo se i risultati confermeranno o smentiranno queste ipotesi che circolano nel mondo politico. Di certo, una volta aperte le urne, la discussione sul dopo Zaia si aprirà ufficialmente.