Dopo quasi un mese di chiusura forzata, martedì sono state molte le librerie del Triveneto che timidamente hanno alzato le saracinesche. E, nonostante lo scetticismo dimostrato dagli addetti ai lavori, l’afflusso dei primi giorni è stato superiore alle previsioni. “Davvero tante chiamate per sincerarsi che fossimo aperti” spiega la libraia Adele della libreria Cappelli di Bolzano, felice di poter riaprire dopo la serrata imposta dal Governo il 22 marzo scorso, ovviamente con le dovute precauzioni: mascherina e guanti, ingressi contingentati e l’invito a fare ordini telefonici prima di passare in negozio, “per evitare gli assembramenti”. Anche a Udine molti cittadini hanno apprezzato la riapertura delle librerie, disponendosi in modo ordinato a piccoli gruppi di fronte all’ingresso delle attività aperte fin dalle prime ore del mattino di martedì. “C’è voglia di riacquistare un minimo di normalità” afferma Marco Gaspari della Einaudi di via Vittorio Veneto. “In realtà non abbiamo mai chiuso, avendo attivato un servizio di consegne a domicilio che si è rivelato molto apprezzato, sia da clienti vecchi che da quelli nuovi” spiega Remo Politeo della libreria Moderna di via Cavour.
Anche a Gorizia i librai hanno riscontrato una buona risposta da parte della clientela, nonostante alcuni dubbi che sono sorti in questi primi giorni di riapertura. Il dilemma se utilizzare gel per le mani o guanti è stato affrontato in modi diversi: alcuni hanno messo a disposizione dei guanti usa e getta, ma nella maggior parte dei casi ci si è limitati ai dispenser con il disinfettante per le mani. “Sarà una misura sufficiente per garantire la sicurezza dei clienti?”. Altro dilemma è stato quello legato ai bambini: “Possono entrare accompagnati dal genitore?”. La risposta non è però chiara neppure in questo caso.
E mentre a Venezia viene stabilito che i due giorni di apertura concessi dalla Regione Veneto saranno uguali per tutti (il martedì e il mercoledì), a Belluno le librerie imparano l’importanza del lavoro di squadra e stilano un calendario di turnazione per offrire un servizio costante alla città: “Ci siamo divisi i giorni in modo da avere tutta la settimana coperta e abbiamo deciso di comune accordo di aprire solo al mattino dalle 9 alle 12, riservando il pomeriggio alle consegne a domicilio. Sulla porta di chi è chiuso, poi, sarà apposto un cartello con le librerie di turno” spiega Alessandro Tarantola, proprietario dell’omonima libreria in via Psaro, che definisce la decisione del governo fondamentale: “Abbiamo accolto con grande favore questa svolta. Oltre all’importanza della lettura, in questo particolare momento, viene riconosciuto anche il ruolo sociale del librario”. D’accordo con lui anche Ilaria Durigon, una delle titolari de La Libreria delle Donne di Padova: “Penso che siamo il perfetto passo successivo per abituarci ad una “diversa normalità”. La clientela delle librerie, soprattutto quelle indipendenti come la nostra, non è mai un fiume in piena, però è educata, attenta e dunque pensiamo di essere l’anello di congiunzione tra lo stretto necessario e tutto il resto”.
Ma non si tratta di un coro unanime. Molte librerie indipendenti, infatti, hanno deciso di non riaprire. “Forse qualcuno pensa che vendere venti libri in un giorno sia comunque un modo per ripartire. Ma su venti libri potenzialmente una libreria guadagna una sessantina di euro, che tolte le spese diventano praticamente niente” scrive la libreria Laformadelibro di Padova su Facebook. E poi c’è la questione degli affitti. Tanti librai erano riusciti a contrattare privatamente coi loro padroni di casa dei canoni di emergenza per queste settimane, ma riaprendo molti subiranno per il mese di aprile una richiesta di affitto pieno a differenza di quanto successo a marzo. Sempre a Padova, Cristiano Amedei, titolare della libreria Minerva, sottolinea anche i rischi per la sicurezza: “La libreria non è un ferramenta o un supermercato dove prendi un cacciavite o riempi il carrello distrattamente e paghi in cassa. Qui le persone entrano per scegliere con cura un libro, toccandolo, sfogliandolo, a volte uscendo senza nulla. Garantire la sicurezza, le distanze, la sanificazione degli ambienti è un’impresa impossibile”.
Perplessità che non vengono espresse solo a Nordest, ma che sono condivise a livello nazionale: librai di tutta Italia infatti hanno firmato una lettera aperta dove affermano che, in mancanza di aiuti economici e di tutele adeguate, “si riservano di non riaprire comunque l’attività nemmeno dopo l’entrata in vigore del decreto”. E malgrado il ministro Franceschini abbia affermato che non si tratti di un gesto simbolico, loro lo avvertono come tale: “Siamo contenti di questa improvvisa attenzione al nostro lavoro, ma ci sarebbe piaciuto ci fosse stata anche prima delle misure governative per il contenimento della pandemia e, soprattutto, ci piacerebbe ci fosse dopo: se siamo dei luoghi essenziali del tessuto culturale italiano, allora sarebbe il caso che questa funzione ci fosse riconosciuta sempre e in modo strutturale, attraverso una serie di misure economiche a sostegno delle nostre attività nel quotidiano”.