«Le metodologie esperienziali per allenare le soft skill oggi sono confinate prevalentemente al mondo della formazione aziendale, si stanno gradualmente affermando in ambito universitario, mentre potrebbero risultare preziose anche a scuola». Valeria Perrucci, psicologa e trainer soft skill, è HR Manager in una Biotech Manufacturing Organization. A lei è affidato l’intervento conclusivo dell’evento online The turning point, esempi innovativi della formazione, in programma sabato 26 settembre nell’ambito del Festival Maps for Future promosso da Niuko. Un appuntamento che, nella prima parte, stimolerà la riflessione su come alcuni modelli di formazione alternativi rispetto alla didattica scolastica tradizionale possono contribuire a sviluppare o rafforzare le soft skill. «L’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto nei mesi scorsi – aggiunge la HR Manager – ha reso ancor più evidente l’importanza di soft skill come la promozione del cambiamento: dal “saper reagire e gestire” le continue trasformazioni, alle persone viene chiesto sempre di più di “rendersi promotori e agenti” di cambiamento. Ma anche competenze come la capacità di assumere punti di vista diversi e di utilizzarla per risolvere i problemi e prendere decisioni, il pensiero laterale, così come la leadership, il team working e il team building, che sono poi sempre più legati al livello di engagement delle persone, in azienda. O, ancora, il nodo dell’atteggiamento verso il fallimento del singolo e del contesto organizzativo, che si collega al tema della percezione dell’errore come opportunità di apprendimento, a cui sottende un cambio di paradigma: dalla ricerca della colpa e del colpevole, al focus sulla responsabilità e sulle azioni da modificare, alla gestione efficace delle reazioni emotive; o, infine, il nodo della “leadership vs management” e dell’efficacia degli stili di leadership connessa al contesto relazionale e organizzativo di riferimento». Su questi temi, è la riflessione di Perrucci, «nella scuola italiana ci possono essere opportunità da cogliere e sviluppare, a partire dalle esperienze positive già avviate». «Alla didattica frontale e ai lavori in gruppo, dove la riflessione tende a concentrarsi prevalentemente sul contenuto del lavoro in team, sarebbe utile affiancare, per allenare già nei bambini e nei ragazzi le soft skill, un percorso che li aiuti a fare emergere le dinamiche (personali/collettive), efficaci o meno, emerse durante le attività, e a riflettere sul come hanno collaborato nel gruppo. Su questi temi lo scambio fra l’esperienza maturata dal mondo della formazione aziendale e il mondo della scuola potrebbe essere prezioso. Rappresenterebbe un valore aggiunto sia per gli studenti, sia per le aziende, che potrebbero vedere inserite risorse più “allenate” alle soft skill già a partire dall’età dello sviluppo e non, come spesso avviene, solo a partire dall’età adulta, quando “imprinting professionale” e modelli comportamentali sono più consolidati».