Nonostante sia stato scritto nel 1988, ritengo che SPIN Selling rimanga una lettura fondamentale per chiunque si occupi di costruire o gestire una rete vendita di prodotti/servizi complessi B2B.
SPIN è un acronimo, sta per “Situation”, “Problem”, “Implication”, “Need Payoff”. Il libro parla dell’importanza delle domande e del loro uso nel corso delle trattative commerciali complesse.
Evitando di trasformare questo articolo nel riassunto del libro, vorrei focalizzarmi esclusivamente su quelli che ritengo essere i 3 aspetti fondamentali e su come credo che questi concetti possano influenzare le scelte strategiche di una PMI che desideri migliorare le performance della sua organizzazione commerciale:
1. “The need”: uno dei concetti chiave è che ogni acquisto di un prodotto o servizio B2B deriva dalla presenza di un’esigenza. Poiché l’influenza dell’impulsività negli acquisti complessi (si pensi all’acquisto di un nuovo macchinario industriale o di un nuovo software ERP), seppur presente, è fortemente ridotta, in assenza di un’esigenza di business difficilmente si concretizzerà una vendita.
Su questa premessa è evidente che il compito di ogni venditore sia in primis la comprensione del bisogno del suo potenziale cliente e la successiva trasformazione di bisogni impliciti e non espressi in esigenze espresse di cui il prospect ha consapevolezza ed è pertanto pronto a valutare un possibile acquisto.
2. “The problem”: quando ho letto per la prima volta SPIN Sales molti anni fa ho iniziato ad immaginare che durante ogni chiacchierata con un potenziale cliente ci fosse una lampadina al centro del nostro tavolo.
Ogni volta che il cliente mi descriveva un suo problema la lampadina si accendeva.
SPIN Selling, così come molti altri framework di vendita che ho avuto modo di studiare successivamente e che a mio parere ne condividono i principi cardine (“The Sandler sales methodology” o “N.E.A.T Selling”), rappresentano il problema come l’evidenza di un bisogno e, di conseguenza, di una possibile vendita.
In quest’ottica il venditore diventa un cacciatore di problemi le cui armi più potenti sono le domande.
Un venditore formato su queste basi sarà felice ogni volta che il potenziale cliente con il quale sta parlando gli racconterà un problema che affronta perché sarà riuscito a far accendere la lampadina sul tavolo.
A quel punto il suo compito diventerà esplorare a fondo la crepa della quale il problema è solo la superficie, si concentrerà nel comprendere le implicazioni che determina ed arriverà a comprendere ed esplicitare l’esigenza di business sottostante.
SPIN Selling è un framework cliente-centrico in quanto sposta il focus commerciale dal prodotto/servizio che si sta provando a vendere al problema specifico del cliente target.
3. “The Benefit”: la fase finale del processo di vendita è la presentazione al potenziale cliente dei benefici che il prodotto/servizio proposto gli potrebbero portare.
Laddove la discussione con il cliente ha avuto successo nell’esplorare in modo approfondito i problemi che il cliente affronta, le implicazioni che generano e le esigenze di business che celano, la fase di presentazione della soluzione proposta si focalizza esclusivamente sui benefici specifici che il prodotto/servizio porta in relazione esclusiva ai problemi ed ai bisogni esplicitati.
Le ricerche su cui il SPIN Sales è basato hanno dimostrato che le probabilità di chiudere la vendita aumentano considerevolmente quando si è in grado di ritardare il più possibile la presentazione delle caratteristiche di prodotto/servizio in quanto è possibile presentare i benefici in esclusiva relazione ai problemi ed alle esigenze specifiche anziché una mera lista di caratteristiche e features di prodotto.
Solo in questo modo si è in grado di costruire un legame forte tra i benefici ed i bisogni esclusivi del cliente.
SPIN Selling è un framework pratico che, oltre ad obbligare l’azienda a costruire ed esplicitare la propria “value proposition”, consente di ideare e perfezionare una strategia commerciale, formando la rete vendita all’uso delle domande più appropriate per guidare il prospect nella discussione commerciale.
In quest’ottica credo che si possano trarre 2 conclusioni.
La prima è relativa alla scelta dei venditori.
Nel momento in cui i risultati dimostrano l’importanza di ragionare in termini di “bisogni del proprio cliente” molto più che di “caratteristiche dei propri prodotti/servizi”, per quale motivo le aziende sono ancora così orientate a selezionare e testare i candidati sulla base della loro provenienza dallo stesso mercato o da aziende competitors privilegiando il know-how di prodotto a quello di processo?
La seconda è relativa alla formazione.
A mio parere la formazione dei commerciali dovrebbe riguardare in primis i problemi e le esigenze dei clienti target. Solo in questo modo i venditori penseranno come i propri clienti e potranno anticiparne, comprenderne e gestirne le scelte. Si tratta di un concetto che ho ritrovato di recente in un altro bellissimo libro riguardante la costruzione e la gestione di reti commerciali complesse: “The sales acceleration formula” di Mark Roberge.
“I migliori venditori sono in primis degli esperti dell’attività giornaliera e dei problemi dei loro potenziali clienti”.