Il Green Economy Festival, dal 28 al 30 marzo a Parma, sceglie di raccontare la sostenibilità anche così, chiamando in scena protagonisti inattesi, voci che abitano mondi diversi e portano punti di vista “fuori dagli schemi”. Non ci sarà un luogo in cui “tutto torna”, ma una città che si presta a ospitare approcci che raramente si trovano a dividere lo stesso tavolo.
Tra questi “ambasciatori del senso pratico” anche chi, da anni, tiene il conto delle crepe che si aprono sotto i nostri piedi. Luca Mercalli, climatologo e divulgatore scientifico, non è tipo da piegare i numeri a favore dell’ottimismo. Il panel che lo vede protagonista, “Il clima, rischio e futuro. Come prepararci ai cambiamenti in atto” sarà l’occasione di ricordare, neanche in maniera troppo morbida, che la crisi ambientale non è uno spettro ma una realtà già in corso. Dai ghiacciai che si ritirano alle piogge che cambiano forma e intensità, Mercalli è lo scienziato che “fotografa” il disastro senza poi edulcorarlo nel racconto. E mentre snocciola dati e proiezioni, chi lo ascolta probabilmente sa che non basterà fare la differenziata per cavarsela.
Eppure è proprio da lì che dovrebbe partire l’impegno. Elisa Nicoli, autrice e attivista ambientale, prende quel senso di impotenza e lo rimette a terra: tra la dispensa e il bidone dell’umido, nei gesti minuscoli di ogni giorno. Quello che verrà fuori dal suo intervento “Ecominimalismo: come pesare meno su noi stessi e sulla Terra” sembra poi la risposta pratica alle macro-proiezioni di Mercalli. Non risolve la crisi, ma la spezzetta in atti più concreti, parole d’ordine: riusare, ridurre, autoprodurre.
Dal micro delle case si passa al macro degli spazi urbani. Se Nicoli invita a pesare meno sulla Terra, c’è anche chi ragiona su come progettare il “contenitore” stesso dei nostri comportamenti. Matteo Thun, architetto e designer tra i più riconosciuti a livello internazionale, porta al festival la sua visione in “La mia architettura green: progettare con il genius loci”. Il suo racconto parte dai boschi e dalle vallate che ispirano un’architettura in simbiosi con la natura e prosegue in “Stories” (Post Editori), il libro più personale della sua carriera: non solo una raccolta di aneddoti e immagini, ma un viaggio tra i progetti che hanno rivoluzionato il design moderno – dalla celebre tazzina Illy ai resort di lusso e alle sedi aziendali avanguardistiche. Thun racconta un’architettura che impara dall’ambiente anziché addomesticarlo. Ma può davvero la pacatezza dei paesaggi convivere con le accelerazioni della contemporaneità?
È la domanda implicita che sembra porre Carlo Ratti, ingegnere e direttore del MIT Senseable City Lab, che sale in scena subito dopo con “Città del futuro: smart, sostenibili e a misura d’uomo?”. Ratti pensa a città che si muovono, che apprendono dai flussi e si regolano da sole, come organismi intelligenti. Meno “romanticismo alpino” e più algoritmi urbani che riducono sprechi e ottimizzano la vita collettiva. Smart, sì, ma davvero umane? Il festival lascia spazio anche a questo tipo di contrasti, lasciando poi decidere al pubblico come incastrare le visioni.
Poi, il salto di specie. Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale e direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale dell’Università di Firenze, apre il sipario su un mondo invisibile: reti di radici che comunicano, cooperano, resistono. Le sue ricerche hanno portato la botanica fuori dai laboratori e dentro le città, ispirando modelli di urban forestry. Non è peraltrto la prima volta che Mancuso trasforma la scienza in racconto. Qualche anno fa ha condiviso il palco con Giovanni Storti nello spettacolo “Il pianeta delle piante”, un dialogo tra divulgazione e comicità. Stavolta, invece, i due percorrono sentieri separati. Storti, attore e comico, sale in scena con “Sostenibili a chi?”, il suo monologo ironico che prende di mira l’ipocrisia ecologica del nostro quotidiano. “Le piante fanno rete, noi litighiamo per il parcheggio”, dice. Un po’ di sano cinismo, che alla fine poi funziona meglio di qualunque spiegone sulle buone pratiche.
Ultimo giro di ruota con Vincenzo Nibali, ex ciclista professionista e per tutti “Lo Squalo dello Stretto”, racconterà la sostenibilità come la conosce lui, metro dopo metro, tra salite (vere) e non metaforiche. “Pedalare verso un futuro più green”, riconoscendo la fatica, accettando la lentezza come condizione per osservare e rispettare i paesaggi attraversati.
Alla fine, il fil rouge tra questi ospiti non è la ricerca di una risposta univoca, ma uno sguardo autentico su un problema complesso. Nessuno porta soluzioni definitive, ma ogni voce aggiunge qualcosa. Anche per questo il Green Economy Festival si apre alla città: piazze, teatri e cortili diventano palco. Un evento diffuso, pensato per chi vuole ascoltare e, forse, cambiare strada.